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Machine Head + Bring Me The Horizon +Devildriver + Darkest Hour - 11/13/2011 - Alcatraz - Milano

Milano, Alcatraz. I Machine Head sono quest’anno in tour con tre band davvero giovani, i Darkest Hour, i DevilDriver e gli inglesi Bring Me the Horizon. L’Alcatraz è diviso tra i veterani del metallo legati al thrash duro e puro e le nuove leve venute per sfogarsi col Metalcore estremo proposto dai primi gruppi.
La serata parte molto bene con i Darkest Hour protagonisti di una buona prestazione seppur troppo breve, i brani migliori sono sicuramente stati “Doomsayer”e “No God”.

I Devildriver sono i primi che hanno a disposizione il tempo per provare ad esibirsi come si deve. Il loro show si apre con “End Of The Line” prima violentissima canzone del loro primo violentissimo disco. La band, che propone un heavy metal davvero tirato riesce a fondersi con l’hardcore così bene da venir apprezzata da tutto il pubblico (cosa che non riuscirà assolutamente ai successivi Bring Me the Horizon). Il pogo infiamma durante “Dead To Rights” e “Not All Who Wander Are Lost”, e non risparmia nessuno. Vecchie leve, con magliette degli Slayer scolorite, e giovani con lo zaino (pieni, forse, di panini fatti dalla mamma) si lanciano gli uni addosso agli altri. “I Could Care Less” è sicuramente il pezzo più incisivo, ma anche la conclusiva “Clouds Over California” è una canzone che ascolterò di nuovo molto volentieri.

Il concerto dopo essere cominciato bene, vede purtroppo salire sul palco i Bring Me the Horizon. Mi spiace per la band inglese capitanata dall’energico Oliver Sykes (classe ’86) ma non hanno saputo assolvere al ruolo di spalla per i Machine Head. BMTH infatti proposto uno show tutto incentrato su una deriva metalcore stereotipata alquanto banale. Erano riusciti anche a cominciare con il piede giusto proponendo “Diamonds Aren’t Forever” e “Alligator Blood”, ma già la successiva “Fuck” era stata mal digerita a da quelli con le magliette stinte degli Slayer.

Il disastro arriva in due canzoni. Nella prima, “Football Season Is Over”, fanno cantare a una ragazza del pubblico, scelta davvero poco azzeccata, e subito dopo parte la base reppata-campionata di “Blessed with a Curse” con la voce addirittura in playback! È troppo, i fischi piovono da tutta la sala, e a gran voce, il pubblico chiama “Machine Head! Machine Head!” interrompendo lo show. I BMTH, in questo istante, avrebbero potuto salvarsi sono con una cover davvero ben riuscita di “Reign in Blood” ma preferiscono alzare il dito medio e cominciare una merdosissima “It Never Ends”. C’è troppa distanza tra la band e il pubblico. Il concerto procede tra i fischi, assolutamente meritati, fino alla fine.

La fine dello show dei BMTH è vissuto come una liberazione e se contate che al sottoscritto è anche caduta una birra intera per terra a metà concerto potete capire quanto volessi cambiare pagina con i Machine Head.

I quattro di Oakland vengono salutati con un boato e con un boato iniziano “I Am Hell”. La violentissima apertura, davanti a un pubblico in delirio, fa dimenticare in un secondo la figuraccia del gruppo precedente. “Imperium” e “Beautiful Mourning” seguono a ruota, tornando indietro negli album. Con “The Blood, the Sweat, the Tears” abbiamo la conferma: I Machine head sono tornati e sono in perfetta forma! Il muro di suono che arriva dal palco viene subito regolato perfettamente e da dietro le pelli della gigantesca batteria Dave McClain fa tremare le pareti. Phil Demmel non è ancora svenuto (ndr. Ricordi dal black Crusade Tour del 2007) ma anzi sembra più incazzato che mai. Robb Flynn lancia una canzone dietro l’altra tenendo il pubblico come solo i grandi frontman sanno fare. Unico leggero rallentamento è dato dall’intro di “This is the end” che per il resto è un’altra canzone super tirata come le altre.
Grande stima a Flynn che insieme a Adam Duce improvvisano fuori scaletta l’inizio di “Block” dopo che il pubblico l’aveva richiesta con uno striscione! Chissà se nel prossimo tour la troveremo riabilitata nella scaletta ufficiale!
Ottima anche la seconda parte dello show che vede in chiusura la tripletta “This Is the End” , “Bulldozer” e “Ten Ton Hammer”. E con l’encore affidata ai cavalli di battaglia “Halo” e “Davidian” il concerto si chiude davvero in bellezza.
Grande serata, i Machine head al contrario dei Bring me the Horizon sanno quello che vogliono e come fare a farlo, ma soprattutto gli esce fottutamente bene! (a parte quando Robb Flynn sviene, ma ormai non capita quasi più). Alla prossima!

Report a cura di Tommaso Bonetti

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