Sabato 15 settembre: si conclude l’attesa per la terza edizione del Rock Hard Festival, che aveva già richiamato all’ordine numerosi adepti metallici nel 2010 all’Estragon di Bologna (Sodom headliner), e nel 2011 al Live di Trezzo sull’Adda (Coroner headliner), location che viene riconfermata anche per l’edizione di quest’anno. Riconfermato è inoltre il successo dell’evento, che ha richiamato gente dal Nord Italia come dal resto dello stivale, per una giornata all’insegna delle frange più estreme del panorama Heavy, con qualche mosca bianca a rompere uno schema, per così dire, "violento" che ha caratterizzato l’intera giornata.
Arrivare al Live sin dal primo mattino permette di gustare i preparativi, gente indaffarata che corre in ogni dove cercando di sistemare gli ultimi dettagli, "smussare gli angoli" ed offrire l’accoglienza migliore sia agli artisti che (più che giustamente) agli spettatori paganti. La formazione A.D. MMXII dei Bulldozer testa personalmente l’effettiva riuscita sonora del palco di Trezzo, gli ultimi stand sono ormai pronti ad accogliere chi di musica in formato fisico non è mai sazio, il merchandise delle bands è allestito; ecco proiettato il tutto alle 13, orario di apertura del locale.
Orario infausto per cominciare: sono le 13:40, e gli italianissimi ANTROPOFAGUS attaccano con il loro più che violento assalto per quegli spettatori irriducibili che già si accalcano sotto il palco. I nostri traggono a piene mani dal secondo e recentissimo full length, "Architecture Of Lust", uscito proprio in questo 2012 per Comatose Music; "Sanguinis Bestiae Solium" e "Demise Of The Carnal Principle" non fanno prigionieri, con la loro violenza condensata in pochi brutali minuti, per passare ad episodi ormai risalenti al lontano 1999, vedi "Loving You In Decay" tratta dall’esordio "No Waste Of Flesh", che il pubblico sembra gradire scatenando un primo timido ma sincero "movimento" nei pressi delle transenne. Rocciosi ed intensi, una prestazione da manuale, precisa ed efferatamente veloce, peccato davvero per lo scarso tempo a disposizione che non ha comunque scoraggiato il quartetto ligure dal dare prova che il Death Metal in Italia è vivo e vegeto, alla faccia dei detrattori!
Cambio radicale nella proposta, con gli statunitensi PHANTOM X fronteggiati dall’inossidabile Kevin Goocher, noto ai più per la sua militanza nei seminali Omen, che insieme allo scatenato bassista Glenn Malicki (altro ex Omen), nella mezz’ora scarsa a loro disposizione investono i (purtroppo) pochi astanti che li seguono. US Metal all’ennesima potenza, melodico ed inquadrato ma dannatamente inequivocabile; i nostri si trovano in Europa per la promozione della nuova ed ormai quarta fatica "The Opera Of The Phantom", ma non disdegnano di riproporre vecchi classici del loro repertorio, come "Storms Of Hell" e "Black Sails", passando per la poderosa e contagiosa epicità di "Into Battle We Ride" dell’ottimo "This Is War". Omaggio all’indimenticato Ronnie James Dio con la sabbathiana "Heaven & Hell", dove tutta la grinta e la classe del combo si sposa con la passione che solo il fan può portare avanti con tanta caparbietà. Anche per gli americani pollice (e corna) verso l’alto; un sinonimo di garanzia e sconfinata bontà, seppur relegati ad un livello underground, supporto!
Altro cambio di palco, altra band tricolore, che si appresta a sganciare una raffica di marcio rock ’n roll sul pubblico del Live: stiamo parlando dei capitolini FINGERNAILS, nome e garanzia per chi ha fatto del metallo italiano una ragione di vita! Maurizio "Angus" Bidoli e Anthony Drago si rivelano come sempre autentiche macchine da guerra, o meglio da palcoscenico, coadiuvati al basso da Ricchard (basso e voce negli Hammer) ed alla batteria dall’ultimo acquisto Carlo Usai. La classica attitudine "a la Motorhead" fuoriesce nel breve tempo a disposizione dei nostri, che senza perdersi in presentazioni e corollari lanciano al pubblico una sequenza di bordate al fulmicotone, tra cui le storiche "Dirty Wheels" e "Crazy For Blow Jobs" (con Angus Bidoli che come da copione si cimenta anche dietro al microfono), oltre che episodi dal nuovissimo "Alles Verboten", pubblicato proprio quest’anno dalla High Roller Records. Fortunatamente esistono ancora epigoni come i Fingernails, che oltre a divertire pensano anche a divertirsi, mostrandolo senza remore a chi ha goduto di questa grandissima prestazione!
Il quadro iniziale viene a concludersi con un altro act di italiche origini, che per chi ha fatto del black nostrano una ragione di vita, soprattutto agli albori della scena, non potrà certo passare inosservato. Parliamo degli OPERA IX, da vent’anni portabandiera del genere a casa nostra, che pur ricevendo una reazione da parte del pubblico più fredda di quanto avvenuto in precedenza (fatta eccezione per i die hard fans della band), si prodigano per dare il massimo nel tempo loro concesso, soprattutto in virtù del fatto che questo concerto sarà racchiuso in un live dvd. C’è da sottolineare come il bacino d’utenza sia ristretto per il combo piemontese; i presenti sono pronti a scatenarsi per quanti stanno per arrivare, e pur lasciando una buona impronta, gli Opera IX non riescono a scalfire e a centrare in pieno il bersaglio, complice la direzione artistica più thrash sulla quale è impostata la giornata.
Cambio di registro con i RAW POWER, storico act Hardcore emiliano, inserito in scaletta all’ultimo per sostituire i defezionari Mekong Delta. Certamente i meno “Metal” della giornata, la band dell’infaticabile Mauro Codeluppi non sfigura affatto in quanto ad attitudine e bordata sonora! Vanno subito al sodo con brevi fucilate che scatenano un pogo doveroso, a testimonianza che tre decenni spesi in tempi tirati e urla belluine, servono a farti rispettare, inossidabili!
Tempo di HELSTAR e, per me, certamente già tempo di headliner, dato che il quintetto di Houston ha un posto speciale nel mio cuore di aficionado. I Nostri chiudono con la data di Trezzo il tour per il trentennale di carriera, “guadagnando” solo un piazzamento a metà bill, dovuto forse alle sonorità non propriamente in linea con la proposta del R.H.F. III. Poco male, basta l’avvio della recente “Angels Fall To Hell” per far tremare lo stage del Live Club e, per scatenare i presenti al sostegno degli Helstar. La scaletta prosegue alla grande con classici del calibro di “The King Is Dead” e “Towards The Unknown”, ottimamente interpretate dal folletto James Rivera, vocalist dalla timbrica inimitabile. Fa bella mostra di sé anche l’ottimo bassista Jerry Abarca, che , accantonati per il momento i problemi fisici patiti nell’anno passato, torna a percuotere a dovere le sue quattro corde, doppiando il disumano lavoro del drummer Michael Lewis. “Pandemonium” e l’intricata “To Sleep, Per Chance To Scream” fanno risaltare anche l’enorme impegno della premiata ditta Barragan/Trevino, rodata ed affiatata ai massimi livelli, che portano addirittura a cori da stadio che incitano i cinque texani. Le mazzate di “Trinity Of Heresy” e “Baptized In Blood” sono il preludio per il crescendo conclusivo di “Run With The Pack”, cantata a pieni polmoni dai fans ormai in delirio! Si chiude così l’intensa prestazione degli Helstar, tanto priva di sbavature quanto piena di trasporto, una degna celebrazione del compleanno trentennale, cento di questi giorni!
E’ tempo di EXUMER, uno dei simboli del grezzume espresso sotto forma di Thrash teutonico, da qualche anno ritornati in pista per spaccare di nuovo qualche osso! Mem Von Stein, ora palestrato e tirato a lucido, sbraita le sue infernali liriche sulla folla del Live ma, a onor del vero, in modo confuso e quanto mai caotico. Nessuno certo si aspetta perizia tecnica ed esecutiva dal gruppo di Francoforte, ma forse un attimo più di “inquadratura”, soprattutto da parte del batterista Matthias Kassner era lecito attenderla. Nonostante ciò, forti di schegge indiavolate quali “Journey To Oblivion” e “Fallen Saint”, i cinque tedeschi riescono ugualmente a fomentare gli astanti. Ray Mensch ed il suo inconfondibile riff di “Possessed By Fire” chiudono uno show di certo non privo di adrenalina!
Di tutt’altra levatura la prestazione dei Deathster IMMOLATION, forti di una impressionante capacità tecnica che fa letteralmente rimanere a bocca aperta anche i meno avvezzi a certe sonorità intransigenti ma oltremodo intricate. La chitarra di Robert Vigna macina riff e solos con incredibile perizia, coadiuvato da compagni d’avventura (oltre al solito Ross Dolan) all’altezza della situazione. Già dalla prima “Close To A World Below” s’intende la caratura dei newyorkesi, che non faticano a farsi apprezzare e a far scorticare le mani dagli applausi tutti coloro che hanno scelto di farsi massacrare nel pit!
Ritorno del Thrash made in Germany, stavolta tocca agli ASSASSIN, altra formazione degli 80’s riunitasi ormai da dieci anni per perpetrare la consueta dose di violenza sonora. L’essere senza fronzoli è una prerogativa di “Micha” Hoffmann e compagni ma, purtroppo, la data odierna si rivela priva di quella carica che dovrebbe almeno sopperire alle non geniali idee di combo come questi. Il gruppo di Düsseldorf si scopre un po’ fiacco e sfilacciato, pur proponendo una scaletta di tutto rispetto. Scaletta che si conclude con la sorpresa dell’ingresso sul palco di Frank Blackfire (ex chitarrista dei Sodom), il quale, nel visibilio generale, propone il classico “Sodomy And Lust”, impennando d’improvviso le quotazioni degli Assassin. Frank rimane sul palco a far compagnia al singer Robert Gonnella anche per “Abstract War” e la chiosa doverosa di “Assassin”, altalenanti ma onesti al tempo stesso!
Spazio ai danesi ARTILLERY e al loro Thrash dalle fatture più tecniche rispetto a chi li ha preceduti sul palco, infatti l’act dei fratelli Stützer, non ha mai cercato soluzioni banali per la propria proposta musicale. Søren Adamsen (tra l’altro separatosi da pochi giorni dagli Artillery) ed il suo look da surfista, ben ci guidano attraverso perle quali “By Inheritance” o “Khomaniac”, almeno lui ci prova a muoversi ed incitare la ragguardevole massa di Metalhead accorsi al loro show, al contrario degli altri membri, perfetti sotto il piano esecutivo ma, alquanto freddi come presenza scenica. “Terror Squad” è la botta finale del loro concerto, sperando che l’artiglieria torni a colpire ancora dalle nostre parti!
Giocano in casa i meneghini BULLDOZER, giustamente acclamati da un Live Club ora quasi pieno, A.C. Wild è pronto a salire sul pulpito per urlare i mali della società! Da “Neurodeliri” in poi, una scaletta emozionante e non priva di sorprese (come l’esecuzione per la prima volta in assoluto della controversa “Misogynists”), declamata dal “sacerdote” dei Bulldozer, affiancato al solito dallo storico Andy Panigada, oltre che ad una formazione assolutamente preparatissima (devastante la prestazione di Manu dei Death Mechanism alla batteria!), degna del massacro messo in piedi da una delle formazioni italiche più invidiate all’estero. “Ilona The Very Best”, “Impotence”, “Minkions”, sono fulgidi esempi della caustica ironia che permea le liriche Bulldozeriane, inseritele in un contesto Thrash/Black ed avrete solo un sentore del macello creato anche stasera al Rock Hard Festival III. Il massacro è chiuso con una dedica allo scomparso bassista Dario Carra, con “Willful Death” cala infatti il sipario su una delle prove più ferali della giornata che, prosciuga quasi per intero le forze residue del pubblico di Trezzo!
Sarà stato merito di una giornata piena di prestazioni al fulmicotone, la stanchezza avrà fatto capolino, magari i MARDUK non erano proprio gli headliner più adatti in una giornata con così tanto Thrash, ma mi è sembrato che gli storici Blacksters svedesi non abbiano regalato l’iconoclasta violenza della quale sono capaci. Intendiamoci, non è che Morgan/Evil e soci abbiano deficitato con gli strumenti in mano, solo, è mancato quel quid che avrebbe fatto impazzire i più estremi tra i paganti. Innegabile che pezzi come “On Darkened Wings”, “Slay The Nazarene” o la celeberrima “Panzer Division Marduk”, siano apprezzati da chi segue la proposta dei quattro da Norrköping, ormai anche loro con alle spalle vent’anni d’esperienza. Sempre a testa bassa a macinare riff e tempi tiratissimi (tranne qualche eccezione), chiudono comunque tra gli applausi di chi ha scelto si trattenersi per ultimo, dandosi così un gradito colpo di grazia!
Anche la terza edizione del Rock Hard Festival si è conclusa, un’edizione certamente estrema nel running order ma che, senza dubbio ha richiamato un gran bel numero di persone, soddisfatte dell’esito finale di questa manifestazione che va consolidandosi ogni anno di più. Il Live Club di Trezzo sull’Adda è una location, a partire dall’acustica, ben organizzata, che, ha ospitato a dovere anche molteplici stand di dischi, magliette ed un bar supplementare, fino ad arrivare alle poltroncine nella parte esterna, cosa volete di più?
Report a cura di Paolo Porro e Alessio Aondio
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.