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Bang Your Head 2014 - 7/11/2014 - Messegelände - Balingen (DE)

Ritorna l’appuntamento con uno dei festival più classici ed heavy dell’estate teutonica: Bang Your Head! Come da tradizione suddiviso in due giorni (più un warm-up notturno), il BYH 2014 non ha fatto mancare piacevoli sorprese ed inossidabili certezze ai più accaniti fan accorsi da mezza Europa.

Giovedì 10 Luglio
Warm-up show


Arriviamo nella già gremita Halle appena in tempo per assistere alle battute finali del concerto degli svedesi Dynamite, band esplosiva on stage ma troppo simile a livello di sound ai maestri AC/DC.
Rimaniamo su sonorità stradaiole e rockeggianti, ma con i Bullet le cose cambiano eccome: 45 minuti di sfrenato party su e giù dal palco, con i fan pronti a cantare ogni singolo ritornello orchestrato dall’ugola graffiante dello scatenato singer Dag Hell Hofer. L’ormai classico finale "Bite The Bullet" pone fine ad un’esibizione veramente coi fiocchi.
Tocca ora ai power metallers tedeschi Stormwarrior tenere alto l’entusiasmo nel pit ma, complici una band troppo fredda e distaccata e continui problemi ai volumi delle chitarre, lo show rimane su livelli veramente bassi e davvero poco coinvolgenti.
Il veterano Herman Frank è pronto a rilasciare watt e potenza in gran quantità con i suoi Victory, band dalla grande tradizione e solida come poche on stage. Il singer Jioti Parcharidis sa il fatto suo e riesce a focalizzare su di sé l’attenzione dei fan per tutta la durata del concerto, grazie anche ad ottime doti tecniche.
Tocca ora agli headliner Grave Digger, delle vere e proprie star da queste parti. Il palco allestito ad hoc con bare e drappi funerari crea la giusta atmosfera per l’entrata in scena dei nostri, subito carichi con l’opener "Hell Funeral", tratta dal nuovissimo "Return Of The Reaper".
Con un Axel Ritt finalmente in ottima forma ed un perfetto (come al solito) Chris Boltendahl il divertimento è assicurato fin dalle prime battute.
Vengono snocciolati uno dopo l’altro classici come "Knights Of The Cross", "The Dark Of The Sun" e "Excalibur" ma è con una "Rebellion" da pelle d’oca che si toccano picchi altissimi e veramente emozionali. Lo show si chiude con la storica "Heavy Metal Breakdown", cantata a gran voce da tutti i presenti in ogni angolo della Halle.

Venerdì 11 Luglio
1° giorno


Si inizia prestissimo con i validi thrashers tedeschi Traitor, molto giovani ma veramente carichi e potenti grazie al loro thrash di chiara matrice teutonica.
Rimaniamo su sonorità spinte con gli Accuser, band dalla storia più che ventennale e capace, nonostante l’orario mattiniero, di coinvolgere alla grande l’audience con pezzi come "Who Dominates Who" e "Sadistic Terror".
Tocca ora ai Warlord, forse la band di culto per eccellenza: pochissime esibizioni live ed una carriera trentennale caratterizzano questi alfieri dell’epic metal più oscuro.
Alla voce troviamo l’ottimo Nicholas Leptos, mentre alla chitarra il nostro connazionale Paolo Viani.
Dall’incredibile debutto discografico "Deliver Us" vengono estratte perle musicali che rispondono al nome di "Child Of The Damned", "Lucifer’s Hammer" e "Deliver Us From Evil", prima della chiusura affidata a "70.000 Sorrows". Pollice altissimo per loro.
Rimaniamo negli Stati Uniti con gli altrettanto storici Vain, band glam attiva dal 1985. Lo show è scoppiettante come ci si aspetta e l’istrionico singer Davy Vain ci guida alla (ri)scoperta dei brani tratti dalla pietra miliare "No Respect" e dagli altri validi album dei californiani.
Il concerto dei Kissin’ Dynamite purtroppo rimane abbastanza piatto...è un’ opinione personalissima, ma il modo con cui i cinque giovani tedeschi si pongono sul palco lascia trasparire un’arroganza ed un’ eccessiva stima in se stessi veramente fastidiose... per non parlare dell’atteggiamento da rockstar del singer Hannes, irritante come pochi.
Nemmeno le canzonette da discoteca rock come "D.N.A" e "Money,Sex And Power" sono all’altezza di un festival rinomato come il BYH.
Per fortuna ora tocca a quella che sarà lo performance migliore dei tre giorni: Riot V. La carica e la perfezione esecutiva dei cinque americani non hanno eguali e se aggiungiamo pure un singer PERFETTO come Todd Michael Hall beh...no words!!
"Fight Or Fall", "Bloodstreets", "Swords And Tequila" e l’immancabile "Thundersteel"... che altro dire??? Esibizione da ricordare e che sicuramente renderà fiero chi da lassù veglia con la sua inconfondibile Gibson su Flyntz e soci.
L’attesa per il ritorno on stage degli Exodus col "nuovo" singer Steve Souza è veramente alta e, per fortuna, le aspettative non vengono per nulla tradite: quasi un’ora di show incendiario e ben orchestrato dal carichissimo frontman senza compromesso alcuno. I migliori classici della band vengono suonati con rabbia e cattiveria mai viste e per il pubblico è difficile resistere ad assalti sonori come l’opener "Bonded By Blood", "A Lesson In Violence" e "Strike Of The Beast". Speriamo quindi che la nuova formazione rimanga stabile e possa durare per molto tempo...
Le esibizioni del "problematico" Michael Schenker sono sempre un’incognita: l’abuso delle più variegate sostanze stupefacenti ed alcoliche ha minato nel corso degli la salute psico-fisica dell’axeman tedesco...stasera per fortuna tutto gira per il meglio e, grazie anche ad una scaletta killer ( presenti i classiconi degli Scorpions "Rock You Like A Hurricane" e degli UFO "Doctor Doctor" e "Rock Bottom") e ad una line-up stellare ( Doogie White alla voce e Herman Rarebell e Francis Buchholz (ex Scorpions) rispettivamente a batteria e basso) tutto è andato oltre ogni più rosea aspettativa, con i presenti deliziati da uno show coi fiocchi e controfiocchi come da tempo non se ne vedevano.
Il "Tempio del Rock" costruito negli anni dal chitarrista sassone ha retto alla grande e, ne siamo certi, ha attirato sotto le proprie fondamenta altre schiere di fan assetati di sano rock and roll.
Proseguiamo col momento nostalgia e con il concerto di Sebastian Bach. L’ex singer degli Skid Row ha dalla sua una carica ed un’energia on stage capaci di sopperire alle (molte) carenze vocali dovute agli eccessi del passato ed alla difficoltà esecutiva di alcuni pezzi.
Si inizia alla grande con "Slave To The Grind", solo un assaggio di quella che sarà una scaletta praticamente incentrata sull’era Skid Row.
"18 And Life", "Monkey Business", "I Remember You" e "Youth Gone Wild" catapultano il pubblico in un salto indietro nel tempo, quando tutto era più glitterato e appariscente...
Bach si sbatte come un matto sul palco e non si ferma un secondo, ma va detto che una buona di percentuale di solidità allo show è data dal terremotante drumming dell’immenso Bob Jarzombek alla batteria.
L’headliner di questo venerdì sera non sarà solo un bel concerto, ma anche una "night to remember" e da raccontare.
Durante ben tre ore di show il guitar-hero teutonico Axel Rudi Pell ripercorrerà con numerosi ospiti la sua carriera solista e quella della sua storica band Steeler, impreziosendo il tutto con numerose cover di songs immortali.
Si parte subito alla grande con quattro pezzi degli Steeler, guidati dal singer Peter Burtz, a dire il vero non in gran forma vocale questa sera.
Capolavori come "Call Her Princess" e "Rockin’ The City" scorrono via belli lisci, preannunciando che non sarà una serata come tutte le altre.
Per le prossime due ore e mezza (intervallate da un’ abbastanza noiosa drum battle tra Bobby Rondinelli e Vinnie Appice(!!!!) ) si alterneranno oltre al cantante ufficiale degli Axel Rudi Pell Johnny Gioeli frontmen del calibro di Doogie White (ex Rainbow), Ronnie Atkins (Pretty Maids), Graham Bonnet ( ex Rainbow), Jeff Scott Soto e John Lawton (ex Uriah Heep).
Oltre alle bellissime gemme estratte dalla discografia di Pell ("Casbah" e "Fool Fool" su tutte) verranno suonate "Since You Been Gone", "Long Live Rock ’n’ Roll", "Black Night" ed un’emozionante "Smoke On The Water" con TUTTI gli ospiti della serata sul palco contemporaneamente.
Sicuramente la durata eccessiva della set-list ed i numerosi cambi palco non hanno aiutato a far decollare completamente la serata, ma la presenza di così tante leggende sullo stesso stage ha lasciato qualcosa nel cuore di tutti quelli che erano presenti.

Sabato 12 Luglio
2° giorno


Si parte prestissimo anche oggi coi More, formazione inglese attiva dal 1980 (!) e chiamata al difficile compito di risvegliare i metallari presenti sotto il palco dopo una notte di baldorie. I nostri suonano alla grande ed il loro heavy metal classico impreziosito da inserti hard rock si lascia ben apprezzare.
Il compito di dare un’altra botta alle orecchie dei presenti tocca agli americani Hirax, band thrash metal di culto.
L’indiavolato singer Katon W. Depena non si risparmia e scatena con la sua voce odio e violenza sul pubblico, con vere e proprie bombe sonore del calibro di "Broken Neck" e "Bombs Of Deatg" (appunto). Tocca ora ad un’altra compagine proveniente dagli albori degli anni ottanta: i Mad Max, hair metal band tedesca che ha dalla sua un’ottima carica on stage e delle canzoni veramente orecchiabili capaci di coinvolgere appieno anche chi, come il sottoscritto, non ne aveva mai sentito parlare fin’ora.
Si ritorna ora su lidi più estremi con gli ungheresi Ektomorf, forse il gruppo europeo che meglio ha saputo far sua la lezione di Max Cavalera e dei Soulfly.
Chitarroni pesanti come macigni, ritmiche groove ed una voce "sepulturiana" sono i trademark tipici di questi quattro gitani. Il cantante-chitarrista Farkas non smette nemmeno per un secondo di incitare gli scatenati fan e riversa su di loro velenose gocce di odio che rispondono al nome di "Fuck You All" e "Black Flag".
Dopo una fugace comparsata venerdì sera come ospite di Axel Rudi Pell torna a calcare le assi del main stage Rob Rock, singer famoso per avere militato tra le file di Impellitteri e del già citato Pell.
Tecnicamente e stilisticamente perfetto on stage con la sua band, il nostro deve fare i conti però con canzoni spesso piatte e poco convincenti, che minano la qualità di uno show tutto sommato positivo per quel che riguarda la resa live.
Se i Riot V sono stati gli indiscussi vincitori della giornata di venerdì e forse dell’intero festival al secondo posto sul podio troviamo i pioneri del metal cristiano Stryper. Niente fronzoli e niente intro: i nostri salgono sul palco strumenti in mano ed attaccano con l’anthemica Sing-Along Song, cantata da chiunque conosca questa straordinaria band.
La cristallina voce di Michael Sweet è il vero trademark (insieme alle tematiche religiose ed alle strisce giallo-nere) degli Stryper e, se aggiungiamo al tutto canzoni strabilianti come "Soldiers Under Command" e "To Hell With The Devil" ecco che raggiungiamo picchi altissimi, che quasi vanno a toccare i mistici paesaggi che da sempre ispirano i quattro californiani.
Solo una band compatta e navigata come gli Obituary potrebbe tenere testa a chi è appena sceso dallo stage e, nonostante una pioggia battente, i cinque guidati da un John Tardy in formissima mettono a ferro e fuoco l’area concerti con il loro death metal primordiale e marcio come non mai.
I fan più accaniti resistono al freddo ed all’acqua per gustarsi al meglio attacchi sonori come l’immortale "Slowly We Rot" e "I’m In Pain". Uno show di un’intensità pazzesca regalatoci ancora una volta da questi "ragazzi" della Florida.
E’ giunto l’infausto momento di commentare l’esibizione a mio avviso peggiore di questo festival: gli Unisonic. Avere nella stessa band Kiske e Hansen (i frequenti problemi tecnici alla sua Gibson non hanno di certo aiutato l’ex zucca) quando però sul palco sembra di vedere un gruppetto di liceali slegati ed inconcludenti fa uno strano e negativo effetto; nemmeno gli inni "helloweeniani" "March Of Time" e "I Want Out" riescono a risollevare uno show piatto come un campo da calcio.
L’unica nota positiva è rappresentata dalla devastante sessione ritmica targata Pink Cream 69 e composta rispettivamente da Dennis Ward al basso e Kosta Zafiriou alla batteria. Fortuna che ora suonano gli Anthrax!!
La carica degli inossidabili newyorkesi farebbe rabbrividire qualsiasi musicista metal sulla faccia della terra: la sgraziata ma efficace voce di Belladonna, la martellante batteria di Benante, il mitragliante basso di Bello e le rocciose chitarre di Ian ed il nuovo innesto Donais formano un unicum inimitabile. I classiconi della band scorrono via lisci come l’olio e vedere schiere e schiere di fan cantare ogni singola nota di "Antisocial" o "Madhouse" è sempre qualcosa di indescrivibile.
A contendersi il ruolo di "migliore in campo" coi vari Riot V, Stryper e Anthrax tocca agli svedesoni Europe, ormai spogliati della nomea di "one hit band" e pronti a generare una performance di rare intensità e potenza. Ormai da dieci anni la band è prepotentemente ritornata sulle scene, slegandosi in modo netto dal pressante passato e "Last Look At Eden", "Firebox" e "Demon Head" sono solo alcuni dei nuovi brani che spaccano alla grande, ben supportati da classici senza tempo come "Superstitious", "Scream Of Anger" e la sorpresa "Wasted Time".
Il singer Tempest appare in ottima forma, così come "Mr. Golden Touch" John Norum ed il solito finale con "The Final Countdown" è un tripudio di emozioni e sorrisi tra il pubblico e tra i musicisti sul palco. Unica nota negativa è la mancanza di "Carrie", ma evidentemente i nostri stasera hanno preferito puntare più sull’impatto.
Rimaniamo nella leggenda e nell’olimpo del rock coi sempreverdi Twisted Sister, headliner di questa notte e dell’intero festival.
Chi li segue sa che non aggiungerei nulla dicendo quanto infuocati e pazzi siano i loro show, con un Dee Snider che sembra aver stretto un patto con il diavolo o con altre strane entità extraterrene. Salta, si dimena, incita a più non posso il pubblico sugli inni "I Wanna Rock" e "We’re Not Gonna Take It" senza mai lasciar trasparire il minimo segno di stanchezza... e tutto questo all’età di 59 anni!!! Un’ora e mezza di sano hard rock che ha trasportato Balingen negli USA di trent’anni fa, tra colorati completini di dubbio gusto estetico e sgargianti chitarre.
Per i cinque di Long Island "il fuoco brucia ancora" e noi ci auguriamo che la fiamma possa durare per moltissimo tempo. Terminata l’esibizione dei Twisted Sister ci spostiamo nella Halle per assistere al graditissimo ritorno della cult band Omen, tra i padrini dell’epic metal americano.
La band guidata dall’esuberante axeman Kenny Powell e dallo storico batterista Steve Wittig ha trovato nell’ottimo Kevin Goocher il frontman ideale per rendere al meglio songs del calibro di "Teeth Of The Hydra", "Battle Cry" e la conclusiva "Die By The Blade".
Il ben folto pubblico accoglie con un boato ogni singola nota proveniente dagli strumenti dei quattro statunitensi, ad indicare quanto importante ed influente sia stata la band californiana nel corso degli anni.

Il BYH 2014 si conclude alla grande con i consueti fuochi artificiali e ci lascia in eredità una tre giorni di grandi conferme e piacevoli (ri)scoperte, rimarcando ancora una volta che l’heavy metal è nato per restare e per resistere agli ostacoli che sempre più spesso gli si parano davanti.
L’edizione 2015 si preannuncia già gustosa con le prime conferme di W.A.S.P, Exciter e Primordial. Noi ci saremo... e voi??

Report a cura di Martino Brambilla Pisoni

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