L’edizione 2015 del mitico Bang Your Head si apre all’insegna del caldo, caldo sarà la parola d’ordine che carattrizzerà tutta la 3 giorni in quel di Balingen.
Per chi era partito dalla bollente penisola italica sperando in un pò di teutonico refrigerio è stata un’amara sorpresa, vero anche che almeno la notte qui nel cuore della foresta nera si riusciva per lo meno a riposare.
16 Luglio
Aprono le danze gli inglesi Onslought, si difendono bene e, nonstante un sole cocente, qualche folle curioso assieme allo zoccolo duro dei fans si avvicina al palco per assistere alla performance.
I successivi Hardcore Superstar non sembrano invece reggere cosi bene il caldo che sicuramente nella loro Svezia non tocca certo livelli da foresta equatoriale. Una prova quindi al limite dove l’impressione è che la band cerchi per lo più di portare a casa la pelle, non troppo ustionata.
Nonostante un discreto numero di fan soprattutto del gentil sesso si trovi a inneggiare alla band sfidando il rovente asfalto del BGY.
Buona impressione fanno invece gli H.E.A.T., il frontman Erick, sembra incurante del clima, salta si muove, rotola, interagisce col pubblico, sputacchia anche un pò in giro stile lama (o Alexi Laiho come preferite).
Ben ci sta suonare "Inferno" in questa giornata...
Poi tocca al terzo gruppo svedese consecutivo...sempre meglio diranno in molti visto che sul palco ci salgono i Grand Magus che effettivamente sono forse la prima vera band della giornata con una proposta musicale in linea con lo spirito del festival, epici classici statici ’80 style dalla musica al look.
Apprezzatissimi da cultori del genere che qui non mancano di certo e saranno contenti di sentire qualche traccia come "Iron Will" o "Silver Moon".
Ad un certo punto fa capolino un volto noto, sopratutto ai thrasher anni ’80... è il momento di Mark Osegueda e dei suoi Death Angel una di quelle band che in qualunque contesto si metta sta sempre bene specie quando ti propina qualche pezzo tipo "Left for Dead" , "Son of the Morning" o la chiusura con "The Dream Calls for Blood".
"Tony Kakko from Sonata Arctica" presentava una volta la bella Tarja Turunen ad vecchio Tuska, mi piace ricordarli così. Agli esordi una band che aveva molto da dire e che molto ha detto superando addirittura i maestri Stratovarius ma che sembra sempre di più essere in una sorta di pantano creativo dove anche le performance live ne vanno a risentire. L’act finnico fa il suo dovere ma non va oltre, "porta a casa la pagnotta" però non è certo in questo modo che si acquisice nuovo pubblico.
A costo di andare contro corrente, dirò la mia sugli W.A.S.P., vero che Blackie Lawlessè diventato un krapfen ripieno e che vederlo ansimante sul palco ancora prima dell’inizio dello show non fa ben sperare, ma probabilmente grazie all’aiuto del resto della band, soprattutto Doug Blair e
Mike Duda la performance risulta gradevole.
Sicuramente visto il clima torrido le fiammate non avranno certo aiutato a sopravvivere ad un’ora ininterrotta di show dove sono stati peraltro proposti un sacco di brani storici da "LOVE Machine", "Wild Child ", l’inno di una gernarazione "I Wanna Be Somebody" o la conclusiva "Blind in Texas".
Tocca ora agli Headliner del primo giorno, ancora svedesi, inizio a pensare che oggi fosse la giornata mondiale delle metal band giallocrociate, e allora cerchiamo di capire il fenomeno Sabaton che il sottorscritto ha visto nascere dagli esordi quando Joakim Brodén e la vecchia line up muoveva i primi passi in angusti 2nd stages di festival come Gates of Metal o Hulsfred festival e che poi un bel giorno si ritrova con una scenografia quasi meideniana a chiudere da headliner uno dei festival più importanti d’Europa.
Uno spettacolo pirotecnico quasi degno dei Kiss (no dai questa è un’iperbole) ma comunque fanno indubbiamente scena i razzi lanciati dei cannoni posti vicini alla batteria.
Entrano sulle note di "The Final Countdown", per un attimo uno ci spera e dice, dai che arrivano gli Europe, ma poi si torna sui giusti binari con "The March to War".
C’è stato spazio anche per "Primo victoria", una delle song che ha contribuito a lanciare la band nell’olimpo delle metal band europee.
17 Luglio
Anche venerdi...17 aihmé, porta temperature dure da sopportare, tanto che i mitici sandali coi calzini, emblema dell’anti-moda all’occhio dei ben pensanti, lasciano spazio al classico piede nudo, perché si, anche oggi farà molto CALDO!
N.W.O.B.H.M. l’antipasto della giornata è offerto dai Tank loro si, sembrano in forma, il pubblico forse un pò meno e non dedicano a Ward e compagni al giusta attenzione.
LA band dal canto suo ripronte una bella carrellata della carriera da "Filth Hounds Of Hades " fino a "Still at War".
I primi concreti segni del risveglio dei metalheads si vedono quando sul palco arrivano i Jag Panzer, allora li scatta qualcosa, sarà stata la voce del "tiranno" Harry Conklin o le note di "Black".
Un grande show, uno dei più belli della giornata e i veri rockers non se lo sono lasciati scappare.
Si torna a parlare di N.W.O.B.H.M, ma questa volta si parla di Tygers of Pan Tang, si parla di un devastante Jacopo Melille, sangue italiano, sangue caliente, non si fa certo intimorire dalla giornata bollente. L’unico membro storico Robb Weir segue a ruota con il resto della band dando vita ad uno show davvero coinvolgente, devastante e poi passa anche qualche nuovletta a rendere il tutto più gradevole. Anche se ormai siamo nel cuore del festival e tutti sono entrati nello spirito giusto, da qui in avanti sarà un susseguirsi di band cariche e potenti che regaleranno forti emozioni.
Nonostante tutto resterà la memoria del grande show offerto dalle "Tigri della NWOBHM".
Che ci fanno Peavy Wagner, Manny Schmidt e Christos Efthimiadis? Ma i Refuge ovviamente, ovvero i Rege dei tempi andati coi loro classici dalla opener "Firestorm" a "Nevermore " o "Don`t Fear The Winter".
Il ritorno di una trio di questo calibro viene accolto ovviamente molto bene dal pubblico teutonico che non manca certo nel farsi sentire.
Fuori Peavy dentro Ralf.... Scheepers con i suoi Primal Fear e anche qui troviamo un nostro compaesano, questa volta dietro le pelli, Francesco Jovino non più tra le fila di U.D.O.
Incredibile la performance, incredibile come un sempre più fuori forma fisica come Matt Sinner riesca a star dietro al Mastro Lindo dell’heavy metal e al suo fisico de bronzo di riace.
I classici la fanno da padrona, "Nuclear Fire", "Angel in Black", senza tralasciare l’ultima fatica "Delivering The Black".
Dal paese del sol levante ecco arrivare i Loudness non più giovanissimi ma si sà che i giapponesi invecchiano bene e come il buon vino offrono una performance davvero sopra le righe grazie anche al carisma di Akira Takasaki e a pezzi del calibro di "Crazy Doctor" o "Heavy chains".
Dopo una prima parte della giornata trascorsa tra botte di adrenalina pura si arriva ad una brusca battuta di arresto. Con gli Arch Enemy si comincia all’insegna dei divieti, no foto, non film, no audio, ci mancava solo che chiedessero al pubblico di girarsi dall’altra parte.
LA performance risulta inoltre essere sottotono e questa volta fa rimpiangere
la mitica Angela Gossow soprattutto quando Alissa White Gluz si cimenta con i vecchi brani. Fortunatamente un breve scroscio di pioggia rende per lo meno il clima più sopportabile anche se ad un certo punto una visita al tendone del metal markt risulta decisamente più interessante che voler continuare a seguire questo supplizio.
Si torna a ben sperare quando sul palco arrivano i Queensryche, l’ex Crimson Glory, Todd La Torre mette però subito le mani avanti: all’ultimo momento ci sono stati problemi con Eddie Jackson, il bassista,non c’è stato modo di trovare una soluzione all’ultimo momento e la prestazione della band ne ha purtroppo risentito. Nonostante tutto qualche momento interessante c’è stato quando la band ha rispolverato alcuni vecchi lavori come "Take Hold of the Flame" che mancava in sede live da parecchi anni.
Oggi ci sta un giretto nella Halle per l’esibizione degli Anvil un nome una garanzia, un piacevole aperitivo mentre all’esterno viene allestito il palco per il gran finale della seconda serata.
I Kreator si preparano a festeggiare il trentennale, nel 1985 usciva infatti "Endless Pain", Mille Petrozza e compagni hanno preparato un show esplosivo, con spettatolo pirotecnico e fiamme che vanno a lambire le coperture di tela del palco.
E’ il trentennale della maggior esponente della scena teutonic thrash e si vede, l’area antistante il palco è piena fino al fondo, e molti "autoctoni" si sono ammassati all’ingresso anche solo per poter ascoltare alcune note e bersi una birra in compagnia, tanto anche fuori dell’area concerti non è di certo mancata.
E’è l’occasione di rispolverare tutta la discografia anche da "Tormentor"a "Riot of Violence" da "People of the Lie" a "Violent Revolution" senza tralasciare le ultime "Phantom Antichrist" e "Hordes of Chaos". Formazione come sempre in forma smagliante ma questa sera sembra avere una marcia in più, Ventor che non sbaglia un colpo mentre i riff di Sami Yli-Sirniö si intrecciano alla voce e alla seicorde di Petrozza il tutto ritmato dal basso di Christian Geisler.
Si chiude un secondo giorno davvero ricco di emozioni che ha toccato altissimi livelli musicali seppur con qualche macchia nera che non ha comunque rovinato questa splendida giornata.
18 Luglio
L’ultimo giorno la morsa del caldo concede una lieve tregua con un pò di vento e qualche passaggio di nubi che a tratti portato qualche goccia di pioggia, come nel caso degli opener Exumer che sicuramente fanno meno fatica ad esibirsi rispetto ai colleghi che hanno suonato alla stessa ora nei giorni precedenti.
Anche gli Hirax hanno sicuramente poco da soffrire il caldo tanto più che provenendo dalla California non dovrebbero avere grossi problemi ad acclimatarsi. Il leader Katon DePena sfoggia poi il suo classico look di borchie e pelle senza batter ciglio, salta qua e là interagisce col pubblico, non si tira indietro questo cinquantenne che se lo guardi in faccia sembra ancora un ragazzino che si diverte a fare musica come quando ha iniziato a muovere i primi passi nell’underground americano.
Anche gli Exciter si muovno bene, sebbene il cantante sia anche batteriasta e resta quindi a chitarra e basso, John Ricci e Allan James Johnson il compito di riempire il vuoto sul palco, compito che assolvono in maniera come sempre egregia. La band ci presenta una set list molto vari tra cui spiccano "Heavy Metal Maniac", "Violence & Force" e "Pounding Metal".
Un anno si e uno no al BYH ci sono i Morgana Lefay, saranno di casa e sono molto acclamati dal pubblico, oggi sembrano partire un pò zoppicando ma poi il frontman Charles Rytkönen prende in mano la situazione salva almeno un parte la performance della power band svedese.
Si torna in USA con gli Omen formazione che non vedevo da diversi anni e devo dire che sembra siano passati pochi giorni, ed è un piacere ascoltare ancora una volta la voce di Matt Storey sulle note di "Death Rider", "Do Not Fear the Night", "Battle Cry" e "Die by the Blade". Interagire col chitarrista Kenny Powell e ammirare il basso/ascia di Andy Haas.
Si resta sempre su suolo nordamericano con i Y&T molto amati dal pubblico del BYH che offre un clamoroso benvenuto a Meniketti e compagni, i quali ricambiano con il loro inconfondimbile hard rock regalando forti emozioni con "Mean Streak", "Summertime Girls" e "I Believe In You".
Si va sulle battute finali, arriva l’ora dei Pretti MAids altra formazione molto apprezzata che subito si mette in mostra sfoderando i brani dell’ultimo disco "Pandemonium", vero è che Ronnie Atkins ha il volto molto invecchiato (ma è mai stato giovane davvero?) ma se si chiudono gli occhi si sente la voce dei tempi di "Future World" o "Lethal Heroes".
Abbastanza deludenti sono stati invece i Dream Theater, LaBrie fa il suo compitino, mentre Petrucci da li proprio non si schioda e non tirino fuori la scusa del caldo che la giornata è stata tutt’altro che torrida se paragonata ai giorni scorsi.
La band rimbalza qua e la ripescando tra tutta la discografia ma resta sempre il gelo (si fa per dire) tra il quintetto newyorkchese ed un pubblico che sembra più interessato a mantenere dei buoni posti per poter assistere allo show degli headliner della serata e di tutto il festival.
Perché finito con i DT arriva il tanto atteso momento degli Accept headliner degli headliner, signori del metal, lasciatevelo dire, valeva la pena di venire fino a Balingen solo per assistere a queste ultime 2 ore.
L’ormai perfettametne integrato Mark Tornillo, gli ultimi 3 dischi scritti appositamente per lui regalano una set list davvero unica dai pezzi storici, come "MEtal heart" o "Living for tonight" e "Princess of the Dawn" quelli non possono mancare, ai nuovi "Stalingrad" o "Teutonic Terror" .
Manca invece, almeno a livello scenico, la presenza di Hermann Frank che ha abbandonato il carrozzone, ma the show must go on così spetta a Tornillo, Wolf Hoffman con le sue assurde smorfie e al bassista Peter Baltes tenere il pubblico in pugno, e che dire lo fanno sempre in maniera perfetta.
Che dire qui si è vista una pagina di storia , 3 giorni di vero heavy metal, si è sudato ma ne è valsa la pena, come varrà sicuramente la pena tornare per l’edizione 2016.
Report a cura di Paolo Manzi
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