In una domenica di fine maggio dal clima quasi estivo, vengono a farci visita in quel di Rozzano (Mi) i Melechesh, band nata in Israele ma che, oramai, da anni ha base in Olanda che, per questo tour, è accompagnata dai norvegesi Keep of Kalessin, dagli svedesi Tribulation e dai nostri compatrioti Embryo. Un bill, quindi, abbastanza variegato per una bella serata di musica che però ha visto una bassa affluenza come troppo spesso, con nomi di questo tipo, accade … peccato!
Il compito di aprire tocca ai lombardi Embryo, da poco usciti con il loro secondo disco e autori di un death - black melodico con inserti sinfonici. Purtroppo l’esibizione dei nostri è stata minata massicciamente da alcuni suoni esageratamente alti e poco bilanciati che hanno messo in completa ombra le tastiere e le numerose trame chitarristiche, facendo risultare il tutto poco chiaro. Sicuramente da vedere con un sound migliore per poter godere al meglio della proposta degli Embryo.
Cambio di palco piuttosto rapido ed è il turno dei Tribulation. Devo ammettere che la mia “discesa” nel milanese per questa data è stata soprattutto decisa per la presenza degli svedesi che, dopo aver dato alle stampe quel piccolo capolavoro di “The formulas of death”, disco capace di mischiare alla perfezione il death metal primordiale del debut con atmosfere più rarefatte e atmosferiche, sono tornati quest’anno con il nuovo “The children of the night”, che ha visto ancora un’evoluzione dove è stato abbandonato del tutto il death (a parte il cantato) per dirigersi verso un horror metal ma che non perde il marchio di fabbrica tipico dei nostri, insomma una conferma della bravura del quartetto di Stoccolma. Il concerto per quel che mi riguarda è stato più che buono, sicuramente i suoni potevano essere migliori, però la prova della band è stata di livello. Nei 45 minuti a disposizione sono stati passati in rassegna equamente tutti e tre gli album, con “Beyond the horror” e “The vampyre” dal debut, “Randa”, “Ultra silvam” e “When the sky is black with devils” da “The formulas of death” e dall’ultimo nato “In the dreams of the dead” e “Strange gateways beckon”, tutte come detto sopra rese al meglio ma penalizzate leggermente da alcuni suoni non ottimali ma migliori di quelli degli Embryo. Nel complesso, quindi, un’ottima prova per i Tribulation, tra le migliori realtà della scena nordica odierna.
Passano una ventina di minuti e tocca ai norvegesi Keep of Kalessin. Della band che è diventata un trio io ho in mente e nelle orecchie soprattutto il debut “Through times of war”, che è un ottimo “manifesto” di black norvegese e lo splendido “Armada”, che mischiava il sound degli esordi con del black più moderno in un concentrato di violenza ed epicità. Dopo, per quel che mi riguarda, è iniziato il calo a livello d’ispirazione e qualitativo che ha portato i norvegesi a virare sempre di più verso un sound maggiormente accessibile e orecchiabile che prosegue fino ai giorni nostri e al nuovo “Epistemology”. Le grandi aspettative che non avevo sulla band di Trondheim hanno trovato conferma; niente da dire a livello tecnico e sulla preparazione del trio: indiscutibili, ma sono state estratte solo canzoni del dopo “Armada” che, come detto, non sono amate dal sottoscritto. Sicuramente il concerto è stato gradito dalla maggior parte dei (pochi) presenti, ma qualcosina, almeno da “Armada”, si poteva suonare. Non me ne vogliano i Keep of Kalessin ma la loro proposta attuale è tanto fumo e poco arrosto.
E si arriva alla fine con l’ingresso sul palco del simpatico Ashmedi e dei suoi Melechesh, tornati da poco sul mercato con il nuovo “Enki”, che ci mostra una band ancora in ottima salute dopo essersi fatta conoscere a metà degli anni novanta con un black death metal che veniva definito “mesopotamian”, per via di un sound che, pur rimanendo estremo, racchiudeva in sé vari elementi orientaleggianti, cosa che ai tempi era sicuramente originale e infatti fece girare abbastanza il nome dei nostri all’interno della scena. Ora, dopo 20 anni di onorata carriera, i Melechesh sono sempre tra noi, forse senza avere fatto chissà quali salti evolutivi negli ultimi anni ma, vista l’originalità iniziale, direi che ci può tranquillamente stare. Gli stessi sono stati autori, infatti, in quel di Rozzano, di un concerto veramente buono e coinvolgente, grazie anche ai suoni migliori di tutta la serata. Ashmedi e i suoi compari dimostrano di tenere bene il palco e di far rendere molto bene le varie “The Pendulum Speaks”, “Tempest Temper Enlil Enraged”, “Ladders to fumeria”, “Grand Gathas of Baal Sin”, “Sorcerers and Mesopotamian Nights”, “Triangular Tattvic Fire” o “Rebirth of the Nemesis: Enuma Elish Rewritten”. Il pubblico, pur come detto all’inizio veramente esiguo, ha supportato alla grande i nostri, Ashmedi è sembrato molto compiaciuto e, almeno per questo, vale il motto “pochi ma buoni”. In definitiva quindi ottima prova per i Melechesh, che riescono a trasportare anche sul palco tutto il fascino e il mistero della loro proposta. Alla prossima!
Report a cura di Max Garlaschelli
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