Battle Ram (Paolo Manzi)
La torrida giornata di sabato viene aperta da una formazione italiana che conoscevo solo di nome. I Battle Ram sono di Ascoli Piceno con all'attivo un solo demo autoprodotto, ma nonostante ciò sono ben noti nella scena underground. Che il gruppo sia ben rodato lo si capisce già durante "Burning Lives" e sulle note della conclusiva "Battering Ram". Ottima anche l'esecuzione di "In The Fallout" cover dei Fifth Angel. Tenete d'occhio i cinque marchigiani perché promettono fuoco e fiamme.
Vicious Rumors (Donato Tripoli)
Ed ecco giungere come un fulmine a ciel sereno gli americani Vicious Rumors, band attiva sin dal lontano 1979 che è passata attraverso vari cambi di formazione e che sopravvive grazie alla volontà di Geoff Thorpe, che è riuscito a ricostruire una vera e propria nuova line-up per poter registrare “Sadistic Symphony”, l’ultimo album della band risalente ormai al 2001. devo dire comunque che, dopo averli sentiti nel 2003 all’Agglutination Festival di Chiaromonte quando avevano scaldato il pubblico che attendeva solamente l’arrivo dei Destruction, per me è stato un piacere rivedere che il gruppo non ha perso nulla dello smalto e della bravura che avevano espresso quella sera del 2003. nel loro seppur breve show (appena 40 minuti) la band ha saputo pescare a piene mani dal proprio repertorio. L’apertura dello show è affidata a “Don’t Wait For Me” e “World Church” (tratte dall’omonimo album del lontano 1991), per proseguire con “Six Stepsisters” (facente parte di “Welcome To The Ball”, album datato 1992) e “Against The Grain” (tratto da “Word Of Mouth” del 1994), “Immortal” e “Down To The Temple” (tratto da “Vicious Rumors” del 1991), al cui interno il gruppo ha inserito l’intro di “Lady Took A Chance” (tratto da “Digital Dictator”, album di debutto della band risalente al 1987). La chiusura è stata invece affidata a “On The Edge”, altra mazzata sonora di rara potenza tratta da Vicious Rumors. Insomma uno show che, seppur brevissimo, non ha risparmiato colpi di scena a raffica, mettendo a dura prova le coronarie dei presenti. Ho apprezzato come la nuova formazione, con alla voce Brian O’Connor, Geoff Thorpe e Ira Black (ex membro degli Heathen, altra band storica della scena metal degli eighties) alle chitarre, Cornbread al basso e Larry Howe (altro ex membro degli Heathen) alla batteria, abbia saputo regalare ai presenti uno show veramente indimenticabile, fregandosene altamente dei problemi tecnici che ne hanno ritardato l’ingresso e del brevissimo tempo che l’organizzazione li ha concesso. È questo loro modo di agire che li rende dei veri miti della musica.
Brainstorm (Simone Bonetti)
Dopo il concerto saltato ad aprile in molti erano in attesa di vedere di nuovo onstage la band teutonica, fresca autrice di un ottimo album quale "Liquid Monster". La band è veramente in gran forma e grazie ad un ottimo suono ed ad un pubblico veramente caloroso lo show proposto è senza ombra di dubbio spettacolare. La scaletta è incentrata per di più sulle ultime 2 release: Liquid Monster appunto e Soul Temptation, gli album che hanno dato fama al gruppo. La pesanti Inside the Monster e High without Lows vengono intervallate a brani più melodici come All Those Words o il trittico Trinity of Lust (Shiva's Tears, Fornever e Soul Temptation). Andy B. Frank si dimostra un ottimo frontman e soprattutto un ottimo cantante (la sua prova su The Leading è stata veramente mostruosa), i due chitarristi Todde e Milan ci sommergono con la loro colata di riff pesantissimi mentre la sezione ritmica è precisa come un'orologio svizzero!
Una grande band su disco e si è dimostrata ancora una volta come uno dei migliori act dal vivo che ci sono attualmente in circolazione!
Riot (Donato Tripoli)
È con immenso piacere che mi accingo a scrivere il live report di un gruppo che da sempre è stato ed è uno dei pionieri dell’heavy metal a stelle e strisce. Attivi sin dal 1975, i Riot riescono sempre a travolgere il pubblico con la loro musica carica di energia positiva e di adrenalina. Lo hanno dimostrato anche a Tradate dove hanno proposto praticamente il meglio del loro repertorio. Il loro set è partito alla grande con “Outlaw” (tratto da “Fire Down Under” del 1981), un pezzo il cui titolo è tutto un programma. Il gruppo ha poi presentato dei veri e propri classici come “Hard Lovin Man” (tratto da “Restless Breed” del 1982), “Flight Of The Warrior” e “Thundersteel” (tratte dall’omonimo album 1988), “Sword And Tequila” (anch’esso tratto da “Fire Down Under”), alternandoli con pezzi più recenti come “Angel Eyes” e “The Man” (tratti da “Inishmore” del 1998), Twist Of Fate (tratto da Sons Of Society del 1999), Burn (tratto da Night Breaker del 1993) e “Through The Storm” (tratto dall’omonimo album del 2002). Ma la vera chicca il gruppo l’ha riservata per la chiusura. Infatti ha estratto dal cilindro “Warrior”, pezzo addirittura risalente all’album di esordio della band (“Rock City”) datato 1977. devo dire che il gruppo ha dato il 101% di se stesso. A partire dall’infaticabile singer Mike Tirelli (ex membro di Burning Star ed Holy Mother), aiutato dagli inseparabili compagni Mark Reale e Myke Flints alle chitarre, Randy Coven al basso (anche lui ex membro degli Holy Mother, oltre che degli Ark) e Frank Gilchriest alla batteria (ex membro di Virgin Steel, Holy Mother e Gotic Knights). La loro è stata una performance che definire “mitica” è limitativo. Nel tempo a loro disposizione (65 minuti circa), hanno saputo a far scatenare anche i rocker più tranquilli. Il loro concerto è stata un’ulteriore dimostrazione che i cosiddetti “dinosauri” hanno ancora molto da insegnare ai giovani musicisti.
Sentenced (Simone Bonetti)
Sotto un sole cocente assolutamente non adatto alla proposta della band finnica il pubblico si prepara per uno degli ultimi concerti dei Sentenced vista il loro futuro scioglimento dopo questo tour di addio, di supporto a The Funeral Album. La band attacca con la violenta "" dal nuovo album seguita da Excuse me while I Kill Myself per poi proporci una scaletta incentrata per lo più sulla produzione più recente. Nell'ora a loro disposizione viene infatti proposto molto materiale da The Funeral Album (Ever-Frost, May Today Become the Day, la conclusiva End of the Road) lasciando da parte album storici quali Crimson o Down. Unico ripescaggio dal passato sono state Nephente da Amok e Farewell da Frozen. La band è in forma anche se Ville ha un timbrica molto più sporca rispetto a quella che si può apprezzare su cd. Buon concerto, con dei gran bei suoni ma una scaletta che poteva essere nettamente migliore considerando anche che è il tour di addio.
Rage (Simone Bonetti)
La band tedesca ormai è di casa in Italia visti i continui tour. Il soundcheck è breve ed ecco fare il suo ingresso il batterista Mike Terrana che chiede al folto pubblico se è pronto per la potenza dei Rage. Smolski e Peavy arrivano correndo sul palco per sbatterci in faccia la storica Don't Fear the Winter seguita dalla più recente Great Old Ones. Breve pausa per salutare il pubblico e poi via di nuovo con le storiche Black in Mind o The Solitary Man intervallate alle più recenti Down o War of Worlds. La band è in gran forma nonostante l'incidente capitato a Peavy poco pià di un mese fà. Terrana è come sempre un animale mentre Smolski ci delizia con i suoi funambolici (ma ricchi di sentimento) assoli. Suoni potenti, prova ottima anche se con qualche piccola imprecisione. Unica pecca è stata un po' la scaletta, praticamente una versione ridotta di quella del concerto di novembre, sarebbe più interessante vedere il gruppo alle prese con altre canzoni.
Jon Oliva’s Pain (Dario Quadri)
Hanno finito di suonare i Rage ed il sottoscritto ha la fortuna di infilarsi in prima fila più o meno al centro e di potersi godere il concerto dei Jon Oliva’s Pain molto più che bene e con somma soddisfazione!
Lo show inizia con l’arrivo di un Jon Oliva dalle dimensioni colossali con tanta voglia di divertirsi ed armato di un bel bicchiere da birra riempito di Jagermeister!
Il concerto parte con “New york city don’t mean nothing” seguita subito da “Jesus Saves” ed il pubblico è subito esaltato dalle due cover comprendendo che il concerto ne sarà pieno zeppo!
Difatti dopo “All the time”, canzone dell’album solista di Jon, le orecchie di tutti vengono accarezzate dalle note di “Gutter Ballet” , “Hounds” , “Tonight he grins again” e “Strange reality”e “Walk alone” di Tage Mahal.
Personalmente ero in estasi e credo che pure il resto del pubblico lo fosse considerando le grida ed i canti che avevo intorno, ed anche se Jon si lascia un po’ andare con la voce si fa perdonare saltellando qua e là coi suoi 200 e passa chili e facendo strane pose e scenette divertendosi come un bambino che stà giocando continuando a ribadire che il suo cognome è italiano.
E’ tempo di “Ghost in the ruins” seguita da “The Dark” e “People say-gimme some hell” la canzone con le frasi più celebri dei pezzi dei Savatage; e su queste canzoni la gente è piuttosto silente (tranne il sottoscritto che ha faticato per impararsele quasi tutte a memoria n.d.a.), ma tutti si fanno sentire con “Believe” che causa un accesa di accendini e telefonini, seguono poi “City beneath the surface” e “Sirens”.
Solito rituale dove la band fa finta di aver finito di suonare per poi tornare sul palco ed ecco un’inaspettata “Power of the night” seguita da un immancabile “Hall of the mountain king” e poi, purtroppo è veramente la fine.
Tutto sommato l’esibizione non è stata male, certo Jon non è più in forma come agli albori, però se le cavata meglio di come m’aspettassi, bravi i due chitarristi Matt LaPorte ed un altro che non fa parte della band, che han dato sfoggio delle loro capacità in uno scambio di assoli più o meno a metà concerto.
Forse la cosa che ha deluso un po’ è stata la decisione di non fare cover di album dopo Streets, ma
È comunque una cosa di poco conto in confronto alla soddisfazione ottenuta.
Saxon (Paolo Manzi)
Un manifestazione sulla falsa riga dei festival tedeschi non poteva non avere come headliner una band del calibro dei Saxon. I pionieri della NWOBHM carichi di adrenalina e rock n' roll salgono sul palco esplodendo come bombe al napalm, e contagiando tutti i presenti. Con questo concerto si raggiunge il picco massimo di presenze per tutti e cinque i giorni di Tradate.
La formazione ormai ha finalmente assimilato anche il nuovo drummer Jörg Michael che durante il tour di "Lionheart" non era sembrato in ottima forma ma più che altro dava l'impressione di sentirsi fuori luogo nell'eseguire i vari brani.
Ora la band sembra aver ritrovato al 100 % il suo feeling e lo si capisce subito sulle note della opener "Lionheart", potente brano di matrice teutonica estratto dall'ultima fatica del combo inglese.
Uno stupefacente Biff lascia senza fiato il pubblico dell'Iron Fest eseguendo classici come "Heavy Metal Thunder", "Solid Ball Of Rock" e "The Eagle Has Landed", quest'ultima purtroppo senza l'ausilio scenografico dell'aquila che invece era stata utilizzata a Wacken. Il tempo passa per tutti tranne che per i Saxon ed i loro brani tanto è vero che se uno non conoscesse la band ed avesse ascoltato "Witchfinder General" e "Dogs of War" difficilmente crederebbe che tra le due ci siano quasi due lustri di differenza mentre addirittura "Strong Arm Of The Law" vada verso il suo 25° compleanno.
Note di merito vanno spese obbligatoriamente per l'ottimo lavoro del bassista "Nibbs Carter" che non sta fermo un attimo consumando lo stage, più statici invece i chitarristi Doug Scarratt ma soprattutto Paul Quinn impegnati a non sbagliare nemmeno una nota, un po’ di movimento in più non gli farebbe certo male ma a questo siamo ormai abituati.
Gli instancabili dopo aver eseguito alla perfezione i classici sopracitati trovano il tempo e le energie per deliziare l'insaziabile pubblico con altri pezzi storici e sempreverdi come "Princess Of The Night", "Crusaders" e "Strangers In The Night". Chiudendo in grande stile come solo una band di questo calibro sa fare sulle note di una potentissima "Denim And Leather" cantata a squarciagola da Biff e dai metal kids. Si chiude qui il sabato di Tradate. Ottimo sotto tutti gli aspetti. Il tempo ci ha graziato ed i suoni si sono sempre attestati su buoni livelli a volte toccando la perfezione.
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Report a cura di Staff
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.