Un’altro Bang Your Head quasi fatichiamo a tenere il conto ma per noi di Holy Metal
ormai questo festival è diventato un appuntamento fisso. Molteplici sono i motivi, la vicinanza
con l’Italia, i bill che, anno dopo anno, risultano sempre interessanti, l’ottima location ed
ovviamente l’organizzazione impeccabile di marchio teutonico.
Quest’anno gli organizzatori hanno voluto esagerare con un programma da far venire la pelle
d’oca ai agli amanti delle sonoritù più classiche, infatti si va da formazioni mainstream
imperdibili come Slayer, Twiested Sister e Iced Earth a "chicche" imperdibili come Sacred
Reich, The Dead Daisies, Manilla Road, Impellitteri o Girlschool.
A differenza della torrida edizione del 2015 quest’anno il meteo è dalla nostra, un fresco
venticello accompagna nuovle che coprono i metalheads dai potenti raggi del sole di luglio
senza mai scaricare pioggia, insomma il clima ideale per un festial estivo.
14-07-2016
Day 1
Dopo il solito viaggio di circa 4 ore che dal nord della Lombardia ci porta in quel del Baden
Wurtteberg, nel cuore della Foresta Nera, arriviamo giusto in tempo per assistere alla
performance dei Babylon A.D..
Sarà per il viaggio, o perchè bisogna ancora entrare nello spirito del festival, ma
l’esibizione dell’act californiano non sembra molto convincente, nemmeno il pubblico pare
essere troppo coinvolto, qualche curioso osserva lo show sorseggiando una birra. Nel complesso
una prova abbastanza anonima per una band che pur avendo esordito nel posto giusto e al momento
giusto non ha poi saputo concretizzare come invece è avvenuto per altre band rock / glam dello
stesso periodo.
I Battle Beast hanno un sound che si discosta un pò dalla matrice "classica" su cui è
incentrata la manifestazione, un power metal di chiara matrice finnica, con tastiere pompose ed
a tratti invadenti, il tutto ruota sulla figura della frontgirl Noora Louhimo che domina la
scena.
Divertenti da guardare ma non consiglierei l’acquisto di uno dei loro dischi.
Anche se il dal cielo la palla di fuoco, il nemico giurato dei seguaci delle tenebre, torna a
far sentire la sua presenza, si comincia musicalmente a fare sul serio. Adesso tocca infatti
ai The Dead Daisies che, con meno di un’ora a loro disposizione, risvegliano gli animi
assopiti dei metalheads presenti nell’area del main stage.
Il barbuto John Corabi non ha certo bisogno di presentazioni e parte subito con gli estratti
dell’ultimo "Make some Noise" che subito si conferma un gran disco anche in sede live.
La discografia non è molto ricca per cui il quintetto australo/americano trova il tempo anche
di poporre qualche song dall’omonimo disco di esordio e da "Revolucion".
si passa poi al power, che più power non si può, dei Dragonforce la band sarebbe
anagraficamente targata UK ma si può più facilmente definire europea viste le diverse
nazionalità dei sui membri.
60 minuti di pura follia, tra salti ed acrobazie ad opera dei membri della band che non si
risparmiano un colpo, attirando così, oltre ai fans più fedeli, anche diversi curisi che alla
fine reagiranno in maniera positiva alla performance, regalando calorosi applausi e consensi.
Torna qualche nuvolone, potrebbe piovere, potrebbero calare le tenebre, ci starebbe bene un
bell’eclissi di sole, arrivano infatti gli svedesi Candlemass.
Per dirla tutta è uno spettacolo vedere on stage il "nuovo" frontaman Mats Levén, ormai in
forza alla più famosa doom metal band scandinava da quattro anni. Certo non è Messiah Marcolin
ma, parere di chi scrive, è una spanna e forse più rispetto al suo predecessore Robert Lowe.
Grazie quindi Mats per aver reso i Candlemass ancora interessanti specialmente sui brani
storici come "Mirror Mirror" o la più "recente" "Black Dwarf".
Sempre toni oscuri ma decisamente caratterizzati da un sound più veloce ed aggressivo sono i
Carcass. La band non ha dischi all’attivo, l’ultimo, peraltro ottimo "Surgical Steel", è
ormai datato 2013, per questo Jeff Walker e compagni ne approfittano per ripescare dalla
corposa storica discografia dando vita ad una mini enciclopedia del death metal dove pezzi del
calibro di "Heartwork" la fanno da padrone.
Fa sempre piacere vedere gli Slayer dal vivo, non sono nemmeno passati dieci giorni dal
concerto di Milano, dove Araya, Kerry King e compagni avevano dato l’ennesima prova del loro
valore on stage.
Questa sera infiammano il palco del Bang your Head nella meritata vesta di headliner con una
set list molto simile a quella del passato show meneghino.
Si apre con la titletrack dell’ultimo capolavoro: "Repentless" per poi passare ai pezzi storici
"Disciple" e "Postmortem".
come sempre sono la voce di "Zio Tom" è i soli taglienti del barbuto Kerry King a dominare la
scena, anche se in questo tour anche il buon Gary Holt è riuscito a ritagliarsi il meritato
spazio.
Senza troppi fronzoli lo show scorre via passando dalla nuova "You agains You", candidata a
presenziare per diverso tempo nelle furure set list del qu
artetto di thrashers, alle
conclusive, "Season in the Abyss" e "South of Heaven".
Dopo queste possenti ninna nanne, possiamo tornare al B&B che ci ospita. L’indomani sarà ricco
di sorprese.
15-07-2016
Day 2
Il secondo giorno, sulla carta almeno, potrebbe essere il migiore di tutta la manifestazione,
partendo dai Freedom Call, un pò bassi forse in scaletta ma pagano il fatto di doversi
eibire lo stesso giorno di differenti mostri sacri. Per dirla tutta dalla posizione successiva
a quella dell’act di Norimberga chiunque meriterebbe di poter fare l’headliner.
Invece troviamo chi, come i mitici Manilla Road, si deve accontentare di una posizione
bassa in nel running order.
Questo bastarebbe a demoralizzre molte icone della scena Hard&heavy ma non Mark Shelton e
compagni che ci regalano uno show degno della prima posizione del migliore dei running order.
Aprono con "Flaming Metal Systems", toccano l’apice con la doppietta "Death by the
Hammer"/"Hammer of the Witches" e chiudono col BOTTO! con l’immancabile "Heavy Metal to the
World".
Parlando di "chicche" la prima della giornata è senza ombra di dubbio la performance degli
Impellitteri. Tutta l’attenzione ovviamente viene catalizzata dal chitarrista Chris
Impellitteri, uno dei più sottovalutati guitar heroes degli ultimi 20 anni.
Lo dimostra lo show caratterizzato da sfoggi di tecnica mai troppo fine a sé stessa dove i soli
di chitarra si fondono con il sound dell’act statunitense. Anche il frontman Rob rock si
propone bene on stage, i due alla fine si alternano sulla scena senza mai rubarsela, dando così
vita ad uno show divertente e coinvolgente che manda in visibilio tutti i presenti.
Il secondo evento della giornata è indubbiamente lo show di un’altra band statunitense che
negli anni d’oro del thrash metal non ha ottenuto i consensi che meritava.
Questa volta si parla dei Sacred Reich, sbarcati in Europa per un mini tour che tocca
alcuni tra i principali eventi estivi facendo una puntatina tra qualche giorno anche al
nostrano Fosch Fest e allo sloveno MEtal Days. I più fortunati potranno qundi vedere la band in
diverse occasioni.
Solamente le espressioni del chitarrista Wiley Arnett valgono il prezzo del biglietto, ma qui
non ci si fa mancare nulla, la set list è a dir poco memorabile (anche perché a dire il vero la
band non sforna più un disco da 20 anni) e quindi via, si apre con "The American Way" ma non
dimentichiamo "Death Squad", "Ignorance" e la chiusura con l’immancabile "Surf Nicaragua". Non
resta che sperare in un nuovo disco, tour mondiale, i fans ci sono e si sono fatti sentire,
speriamo che la band abbia recepito il messaggio.
Dopo tre concerti uno meglio dell’altro è dura per i Metal Church tenere il passo. Altra
band del nuovo Mondo, porta con sé un bagalio di brani storici che hanno fatto scuola negli
anni. Purtroppo il quartetto di Seattle non riesce a tenere il ritmo imposto dalle altre
formazioni esibitesi precedentemente. Il risultato è uno show in pieno stile MC ma non del
tutto riuscito. Kurdt Vanderhoof e compagni portano a casa una sufficienza risultato di un
compitino eseguito senza troppo impegno.
si torna su altri livelli quando, sempre dalle "Indie Occidentali" arrivano gli
Annihilator, una delle band con la formazione meno stabile del pianeta, eccezzion fatta
per il poliedrico Jeff Waters che per l’occasione è tornato ad occuparsi anche delle linee
vocali. Lo troviamo sempre scatenato con le sue sgargianti sei corde, salta canta, suona,
interagisce e diverte con le sue buffe espressioni.
Rimaniamo in tema thrash, ma questa volta in piena Bay Area, con i Testament, il
mastodontico Chuc Billy con la sua inconfondibile asta del microfono portatile irrompe sulle
assi del BAng Your Head assieme ai suoi compagni di avventura.
Sklonick e DiGiorgio si contendono i consensi dei fans mentre il frontman si cimenta in "Over
the Wall".
La mancanza della favorita "Electic Crown" viene in parte compensata da "Into the Pit", che
scatena il primo pogo serio della giornata.
LA chiusura è affidata a "Disciples of the Watch" e "The formation of Damnation".
Gli headliner della serata sono in tour per festeggiare i 40 anni di attività con il Forty and
F**k it tour. Purtroppo manca all’appello A.J Pero, il battrista prematuramente scomparso poco
più di un anno prima viene sostituito da Mike Portnoy.
Ovviamente si sta parlando dei Twisted Sister, che chiudono la loro attività con una
serie di concerti ricchi di spettacoli pirotecnici e delle set list che faranno storia.
Cosi come indubbiamente hanno fatto storia e lasciato il segno negli anni Dee Snider e
compagni.
La scena è tutta per loro, a riprova che vogliono fare le cose in grande ai forografi viene
data il permesso di immortalare tutto lo show, cosa più unica che rara specialmente quando si
parla di headliner.
Si apre con "What You Don’t Know", seguono a ruota "The Kids are back" e la mitica "Burn in
Hell", caratterizzata da luci basse e rosse e fiamme a volontà!
Qui la scena è per tutti, per cui le chitarre di Jay Jay e Eddy Ojeda si possono spartire
alcuni momenti di gloria assieme al bassista Mark "The Animal" Mendoza.
Anche alla guest star Portnoy viene concesso il momento di gloria gli viene concesso qualche
faretto puntato mentre esegue i soli di batteria.
Rimarrano stampati nella mente di tutti gli ultimi momenti dello show con "Come out and Play",
"Under the Blade" e "S.M.F.".
Così, in un mix di emozioni per aver assistito ad una così coinvolgente performance e la
consapevolezza che sarà stata l’ultima volta, si chiude la seconda giornata in quel di
Balingen.
16-07-2016
Day 3
Siamo giunti all’ultima giornata di questa full immersion nel mondo dell’heavy metal. A dire il
vero dopo l’overdose di concerti del giorno precedente l’attenzione va scemando, oggi è anche
più caldo del solito, e le Girlschool non sono certo di aiuto, tanti bei sorrisi qualche
saluto ma più che assistere ad un concerto sebra un meeting di donne delle pulizie di mezza età
che hanno riscoperto il piacere di suonare assieme. Il problema è che sembrano svogliate oltre
ogni limite e questa apatia viene trasmessa anche al pubblico che preferisce dedicarsi ad
altro. Principalmente, visto l’orario, a rifocillarsi e proteggersi dal caldo.
Ci provano allora gli olandesi Delain a risollevare gli animi, ma un sound gothic metal
di chiara ispirazione Whitin Temptation / Epica / After Forever forse non è proprio quello che
ci vuole.
Giusto la bella Charlotte Wessels attira qualche sguardo curiosi essendosi presentata on stage
con indosso una pelliccia bianca.
Quando non basta la bellezza, e si sà che nell’heavy metal è un fattore decisamente secondario,
allora ecco che arriva la simpatia a risvegliare gli assopiti animi dei metal heads.
I Tankard in Germania, ma non solo, sono un’istituzione, e il frotman Gerre è senza
dubbio uno che sa come divertirsi e far divertire (e ubriacare) la gente trasformando lo show
in una grande festa per tutti. Tanto è vero che compaiono preservativi volanti, bambole
gonfiabili e addirittura una balda metal Milf lancia al cantante, che possiamo dire con
orgoglio essere oriundo italiano, un corposo reggiseno con cui il buon singer si gingilla per
buona parte del concerto.
Un breve cambio palco ed ecco spuntare una scenografia inconfondibile, la "nera signora" sullo
sfondo e alcune bare, poi compare il signor "reaper", per chi non l’avesse ancora capito
stiamo parlando dei Grave Digger.
Capitanata da un sempre più canuto Chris Boltendahl, la formazione, sebbene con alti e bassi, è
riuscita a mantenere viva l’attenzione degli addetti ai lavori per 30 anni, con vari cambi di
line up che hanno allontanato due chitarre di grande spessore come Uwe Lulis e successivamente
Manni Schmidt al cui posto ora troviamo il guitar hero Axel Ritt.
Buona come sempre la performance grazie agli ormai immancabili cavalli di battaglia come "The
dark of the Sun", "Excalibur", "Rebellion" e la chiusura imperdibile sulle note di "Heavy Metal
Breakdown".
Gli Uriah Heep, come il buon vino, più invecchiano più migliorano, non perdono un colpo
e non perdono occasione per dimostralo on stage. Il sound d’oltre manica non delude mai, così
come le perfomance del frontman Bernie Shaw o del chitarrista Mick Box.
Viene proposta una buona set list ,la chiusura dello show è affidata a "Lady in Black".
Se il signor "Bang Your Head" avesse voluto risparmiare, e per fortuna non l’ha fatto, avrebbe
tranquillamente potuto chiudere il festival affidando al buon Colonnello UDO
Dirkschneider il compito di headliner. Invece no, ma moralme
nte l’ex frontman degli
Accept ha ricoperto questo ruolo.
Con una mossa che sa un pò di commerciale ma che, senza ombra di dubbio ai fan ha solo fatto
piacere, mr Dirkschnerider ha temporaneamente accantonato la sua storica band, gli U.D.O., per
dar vita a questo progetto dove vengono solo riproporsti i brani del periodo "Accept".
Reclutato il figlio Sven dietro le pelli e con l’immancabile bassista Fitty, il piccolo ma
potente singer parte per questa nuova avventura.
La set list è ovviamente prevedibile e studiadata appositamente per far cantare tutto il Bang
Your Head e probilmente anche qualche residente di Balingen che si trova a bazzicare nei
dintorni del festival.
Ecco quindi un’apertura affidata a "Starlight" per poi passare a "Midnight mover", "princess of
the Dawn" e "Son of a Bitch" solo per citarne qualcuno.
Immancabili ovviamente "Metal Heart" e "Balls to the Wall" così come la conclusiva "Burning".
Dicevamo, per fortuna, che il signor Bang Your Head ha messo mano al portafoglio, così dopo una
così imponente performance possiamo goderci ancora un’ultima band, una formazione che qui in
terra teutonica, specialmente in quel di Balingen, ha sempre riscosso grandi consensi.
Ecco che quindi parte una grande ovazione quando Jon Schaffer e Stu Block fanno la loro
comparsa sul palco regalando ancora un’abbonte ora e mezza di puro heavy metal, nel corso del
quale pezzi del calibro di "Dark Saga", "V", "Burning times" e "My Own Savior", giusto epr
citarne alcuni, l’hanno fatta da padroni.
Mitica la chiusura con "Watching over me", che ha fatto cantare per l’ultima volta il pubblico
del Bang Your Head. Ora le ugole tornano a riposo.
L’appuntamento è per il 2017, già è stato annunciata la presenza di Vince Neil, sicuramente ne
vedremo ancora delle belle. Amici vecchi e nuovi stay tuned per la prossima edizione!
Report a cura di Paolo Manzi
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.