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Fosch Fest 2016 - 7/23/2016 - Open Air Festival - Bagnatica (Bg)

Il Fosch Fest 2016 di Bagnatica, verrà sicuramente ricordato per un altalenarsi di veri e propri highlights grazie ad un bill di tutto rispetto, ma anche purtroppo di qualche inconveniente che ha in parte guastato il festival bergamasco giunto alla sua settima edizione. Arriviamo nell’area concerto nel primo pomeriggio del sabato: la pioggia della notte e del mattino sembra essere scomparsa, il sole brilla e siamo pronti ad assistere alla performance di molte band: quest’anno l’organizzazione ha infatti messo a disposizione ben due palchi per gli artisti. Ma ecco che intorno alle 15.00 si presenta il primo inconveniente: le band che avrebbero dovuto suonare sul palco più piccolo non suoneranno, causa impianto non sicuro per la pioggia delle ore precedenti.

Rimaniamo quindi in attesa di nuove informazioni quando finalmente la musica inizia a essere protagonista! Sono infatti i nostrani Fleshgod Apocalypse ad aprire le danze sul main stage. La band richiama subito i metalheads presenti sotto il palco, ma purtroppo l’impianto non rende giustizia al combo symphonic death, fortemente penalizzato durante tutto il set da grossi problemi audio soprattutto della coppia d’asce. Difficile quindi apprezzare in pieno l’impegno dei nostri che comunque riescono a portare a casa un concerto difficile, con brani complessi e molto tecnici come “Pathfinder” o “The Violation”. I

l pubblico inizia a spazientirsi per gli inconvenienti tecnici, ma quando i thrasher teutonici Destruction salgono sulle assi del palco, ecco che come per magia il festival sembra decollare!
Schmier e soci sembrano decisamente in forma, ma incredibilmente già dall’opener Under Attack accade il “dramma”: l’impianto sul palco si spegne completamente, ed un silenzio irreale avvolge il pit. Il terzetto tedesco riesce, offrendo birra alle prime file, a mantenere la calma sotto il palco durante i minuti necessari per sistemare il problema.E quando si riparte con classici come Curse of the Gods, che scatena un furioso moshpit, lo spettacolo sembra prendere la piega giusta. Ma pochi minuti dopo il problema si ripete nuovamente. Un altro black out totale del palco, poi ripristinato, che mina gravemente la performance della band. Ringraziando i fan, e con una scaletta ridotta ad una manciata di classici, tra i quali spiccano la strumentale “Thrash Attack” e la sempreverde “Nailed to the Cross”.

Purtroppo il malumore serpeggia evidente tra il pubblico che teme anche per una delle performance più attese, quella degli inossidabili Sacred Reich, nella loro prima esperienza su suolo italiano!
Ma da qui in poi i problemi tecnici sembrano scomparire e la musica finalmente fa da padrona.
Il quartetto guidato dal mitico Phil Rind regala una performance da ricordare: nonostante la storia travagliata della band, ritornata in attivata nel 2007, il combo a stelle e strisce sputa in faccia al pubblico riff ignoranti, legati sia alla scena punk che a quella thrash metal dei primi anni ’80, con venature stoner e suoni “grassi” che scatenano gli applausi dei fan. Brani come la bellissima “One Nation”, o la spettacolare “Heal”, ci ricordano il motivo per il quale i Sacred Reich hanno fatto la storia, e la cover della sabbathiana “War Pigs” è solo la ciliegina sulla torta di una grande esibizione.

Ed ecco che arriviamo al primo grande highlight della serata, quando salgono sul palco gli attesissimi At the Gates! La band svedese non ha bisogno di presentazioni, capostipite del Gothenburg Sound, ritornata alla grande con un disco a sorpresa due anni fa dopo vent’anni di silenzio.
Ed è “Death And The Labyrint” tratta dal disco appena citato che scatena il delirio sotto il palco: i suoni sono fortunatamente all’altezza questa volta, ed il pubblico canta praticamente tutti i testi.
Brani freddi e glaciali come i classici “The Swarm” o “The Circular Ruins” perfettamente interpretati da un Lindberg sugli scudi sono solo alcune delle armi che permettono agli At the Gates di non lasciare superstiti nel pit. Estremamente professionali, pochissime parole sul palco e ancor meno “pirotecnici” dal punto di vista delle movenze. Qui è sufficiente lascar parlare la musica. Un’ottimo show, che chiaramente trova il suo zenith nell’epica “Slaughter Of The Soul”, da sempre consderata pietra miliare di un genere.
Gli At the Gates stanno dimostrando di vivere oggi una sorta di seconda giovinezza e sembrerebbe che non abbiano molta intenzione di fermarsi presto (parole che potrete trovare nella nostra intervista esclusiva al gentile e disponibile Tomas Lindberg!)

Ormai ci siamo. Stanchi per la lunga giornata i metalheads presenti sono pronti per l’ultima band presente nel bill: ovvero i leggendari thrasher Anthrax! Ore 23.30, è arrivato il momento! Il quintetto capitanato da Belladonna irrompe sul palco ed il delirio inizia!
L’opener è affidata alla bellissima “You Gotta Believe” tratta dall’ultimo lavoro For All Kings e subito dopo pochi brani si ha una certezza: gli Anthrax sono in palla, e si sente! Belladonna, maestro dell’intrattenimento, scandisce i tempi di uno show di musicisti che hanno fatto scuola: Scott Ian fa il solito funambolo dietro al suo tipico sorriso sornione, coadiuvato da uno stellare Benante al basso, un buon Jonathan Donais alla seconda ascia e un ottimo Dette dietro le pelli, a sostituire l’assente Benante.
La frase è scontata, ma mai fu più veritiera: gli Anthrax sono come il vino, più invecchiano e più migliorano. La scaletta alterna pezzi più recenti a super classici come “Caught In A Mosh”, “Antisocial” e “Got the time” (quest’ultima con una resa live incredibile, che coinvolge il pubblico come non mai!) e dai sorrisi dei musicisti e i loro sguardi di intesa ci si rende conto che gli Anthrax non sono solo dei grandi professionisti, ma sembra che si divertano ancora molto a suonare insieme!
Vincitori assoluti di tutto il festival, i thrasher americani lascano il palco dopo poco meno di un’ora e mezza di concerto che non lascia prigionieri tra la folla adorante!
Lunga vita al metal, e da oggi ancor di più lunga vita ai sempreverdi Anthrax!

Arriviamo al Fosch per l’ultima giornata quando stanno prendere posto sul palco piccolo (oggi riabilitato!) i nostrani giovani Atlas Pain. La giovane band milanese mette in chiaro le coordinate sulle quali si svilupperà questa giornata, dedicata per lo più a gruppi che si muovono tra sonorità pagan folk e black. In particolare gli Atlas Pain sorprendono per un buon alternarsi tra un death molto melodico a parti tipicamente folk ben arrangiate. Bravi a tenere il palco, i nostri sono una bella sorpresa del bill!

Tocca ora agli islandesi Skalmold ad occupare il main stage: il combo nordico propone un particolare mix di sonorità scure a tratti decisamente groovy e ambientazioni tipiche di un certo metal che a volte sfocia nel prog. Il pubblico sembra apprezzare la prova della band, anche se sinceramente sulla lunga la prova degli Skalmold sembra perdere un po’ di attrattiva. Interessanti, ma forse oggi non particolarmente in forma.

Dopo l’esibizione dei Nightland, folk metal band di Pesaro, ecco salire sul palco i maestri oscuri Enslaved! La band di Grutle Kjellson rappresnt a le sonorità più scure dell’intero festival, e i fan si affollano sotto il palco. In un ora e mezza la band norvegese suona brani che ripercorrono praticamente tutta la loro discografia, e ricordiamo in particolare brani come la bellissima “Isa” e la cattiva “Convoys To Nothingness”. Gli Enslaved in venticinque anni di carriera hanno imparato molto bene a costruire brani atmosferici e pieni di pathos, e anche oggi dimostrano di saper fare molto bene il loro lavoro. Eleganti, raffinati e glaciali, riescono a coinvolgere il pubblico nonostante una proposta musicale che sicuramente troverebbe maggior impatto in un ambiente diverso da un open air. Nonostante ciò, il pubblico ha apprezzato molto la loro prova. Una piccola curiosità: il boato dei fans quando la band ha dichiarato dal palco il proprio amore per il prog anni 70 italiano!

Ed ora si arriva al termine. Ed è vietato essere stanchi! Si cambia registro, atmosfere e musica! Perchè a chiudere il festival tocca ai finlandesi Korpiklaani!
La folk metal band finnica è maestra dell’intrattenimento e la sede live è chiaramente l’ambiente naturale per esprimersi al meglio!
I tempi in levare fanno ballare tutto il Fosch, e con l’ausilio di strumenti come il violino e la fisarmonica la band capitanata da Jonne Järvelä crea la classica festa folk per i fan, che per fortuna ogni tanto si dimenticano di dover per forza essere “sporchi brutti e cattivi” sfoderando tanti sorrisi e balli, rappresentando una bella conclusione di un festival che, tra alti (musicali) e qualche basso (organizzativo) giunge al termine anche quest’anno!

Report a cura di Manuel Molteni

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