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Machine Head - 4/13/2018 - Live Music Club - Trezzo S/A

Il tour mondiale dei Machine Head fa tappa in Italia presso il Live Club di Trezzo e noi ovviamente eravamo presenti per assistere ad uno dei concerti più attesi dell’anno.
La band di Robb Flynn è ancora in grado di muovere enormi masse di fans ed anche per questa data le aspettative sul numero dei partecipante non sono state deluse. E’ infatti un locale stracolmo quello che troviamo al nostro ingresso nella sala concerti. Quando mancano ancora una decina minuti alle 21.00, in anticipo sui tempi previsti ecco irrompere sulle scene il quartetto americano che sulle note della potentissima Empirium cercano subito di dimostrare come, dopo svariati decenni di attività, loro siano ancora in grado di mettere a ferro e fuoco il palco. Se l’attitudine dei musicisti ed in particolare del frontman Flynn non mancano, sono alcuni problemi a livello di missaggio dei suoni a rovinare in parte una prestazione che avrebbe potuto regalare emozioni diverse. Le chitarre appaiono appiattite nel mix generale, spesso coperte dalla batteria di un mostruoso Dave McClain alla batteria (stupendo il suo solo di batteria a metà concerto) e soprattutto dalla voce di un Flynn con volumi decisamente mal calibrati con gli altri strumenti.
Probabilmente è stata anche una scelta della band quella di far risaltare la voce del carismatico singer, che oggi appare decisamente in forma e che su brani storici come la stupenda Burn my Eyes o la violenta Ten ton Hammer ha dimostrato di essere, nonostante gli anni che passano, ancora un grande frontman. Il pogo tra il pubblico è quello delle grandi occasioni, con circle pit a gogo e corna alzate al cielo. Per la prima ora dello show si ha la sensazione di assistere ad una prestazioni con i fiocchi, anche grazie alla scelta di alternare brani di vecchia data ad altri più attuali, scelti anche dall’ultimo lavoro in studio, il controverso Chatarsis che ha letteralmente diviso in due il pubblico. Ma i problemi iniziano ad emergere con il proseguire dello show. I nostri sembrano diventare sempre più autocelebrativi e la scelta di far durare lo show per quasi due ore e mezza non ha aiutato a smorzare la spiacevole sensazione di perdita di attenzione da parte del pubblico. Scrivendo in tutta onestà, un tuffo al cuore è venuto a tutti all’annuncio della mitica Davidian o di Aesthetics of hate: ma il genere proposto dalla band a stelle e strisce alla lunga, in sede live, fa emergere un fastidioso senso di noia che si sente serpeggiare tra il pubblico, che lentamente inizia ad affollare il bar del locale. A livello tecnico sicuramente non vi è nulla da rimproverare ai Machine Head: gli assoli di Flynn e del fido Demmel fanno urlare di gioia i metalhead presenti, l’ottimo lavoro dietro le pelli del già citato McClain coadiuvato nella sezione ritmica da un onesto MacEachern. Tutto bene, ma tutto troppo esagerato. Come per chi scrive appaiono esagerata la scelta della band di non voler alcun gruppo spalla per tutto il tour (scelta che avrebbe sicuramente accorciato l’infinito setlist, ma che avrebbe permesso di diversificare un po’ la proposta della serata) o di sequestrare fuori dal locale macchine fotografiche e simile, impedendo anche ai fotografi ufficiali di poter immortalare lo show.
In conclusione, questi sono i Machine Head del 2018: una band che ha sicuramente ancora molto da raccontare, ma che forse preferisce crogiolarsi sugli allori e che a volte sembra aver dimenticato da dove la loro avventura è iniziata. Ovvero quando diedero vita a quel capolavoro nu metal intitolato Burn My Eyes, pieno zeppo di sudore, energia e soprattutto umiltà. Cosa che in parte sembra essere sparita dal vocabolario del combo statunitense. Questi sono loro, questo è Robb Flynn: un artista, un catalizzatore sul palco, la vera mente della creatura Machine Head. Amateli od odiateli, fate la vostra scelta!

Report a cura di Manuel Molteni

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