Anche quest’anno torna la banda del Metal Italia.com, ancora nell’ottima struttura del Live Club di Trezzo,
arricchita per l’occasione da stand esterni per il food & beverage, come direbbero gli anglofoni.
Ma, lasciamo che sia la musica a farla da padrona e, è proprio il caso di dire ‘piatto ricco mi ci ficco’, data la
miriade di band valide e ben distribuite sulla due giorni lombarda.
Ad aprire ufficialmente il sabato del festival, dopo il warm up del venerdì, sono gli estensi Asgard, manco a
dirlo, uno dei miei personali highlights dell’intero palinsesto. La band Power/Speed dello scintillante
frontman Federico ‘Mace’ Mazza, nonostante il periodo di inattività, dimostra di non aver perso un grammo
della propria carica on stage, dando il benvenuto ai primi fans accorsi sotto il palco con carichi da undici
quali l’introduttiva ‘Spirits’, o le spietate ‘Disciple’ e ‘Age Of Steel’.Gli estensi non deludono (MAI!), con un
Renato ‘Reno’ Chiccoli in stato di grazia, impegnato ad aizzare i presenti, e a far coppia con il treno in corsa
Rudy Mariani dietro le pelli. Ci salutano naturalmente con la conclusiva ‘Asgard Invasion’, bordata dove le
chitarre di Dave e Alby Penoncini sono un muro eretto per il nostro gaudio, quello che ti rende consapevole
di avere in casa gruppi Heavy Metal di livello superiore, un grazie agli Asgard per l’adrenalina che ci hanno
fiondato nelle orecchie e un augurio di rivederli presto on stage, magari con un terzo, attesissimo album!
Tempo di Rosae Crucis, gli inossidabili Epic/Power Metallers capitolini infatti, non fanno prigionieri grazie
alla consueta prestazione maiuscola, frutto tanto dell’esperienza quanto della preparazione tecnica. Si
comincia con ‘Hiram Abif’ e la fine spetta all’ormai inno ‘Crociata’, nonostante i suoni non impeccabili, il
singer ‘Ciape’ Cialone si impone sullo stage del Live Club, conducendo i suoi a sicura vittoria, forte tanto
delle asce del fondatore ‘Kiraya’ e di Tiziano Marcozzi, quanto del motore dei Rosacroce, Daniele Cerqua al
basso e Piero Arioni, batterista in grado di dare una marcia in più al granitico sound dei romani, vario e
dotato di potenza invidiabile. Menzione d’onore a ‘Guerra Santa’, tratta dall’ultimo disco ‘Massoneria’,
brano dove è impossibile non essere attratti dal furioso magnetismo della parte centrale… Escono tra gli
applausi e, per citarli: “… Trema infedele, è giunta la tua ora…”.
Trent’anni di White Skull da festeggiare degnamente sul palco del Metalitalia festival, ecco quello che è
avvenuto durante lo show di Tony ‘Mad’ Fontò e la sua cricca di bucanieri del Power. Inutile negare che il
ritorno, qualche anno or sono, della storica singer Federica ‘Sister’ De Boni abbia ridato ancor più linfa al
Teschio, testimoniato, una volta di più, che l’esecuzione di pezzi storici quali ‘Embittered’ o ‘High Treason’
esalta i fan del combo vicentino. I Nostri ci salutano con ‘Asgard’ e gli applausi fioccano dalla platea per
un’altra performance ben riuscita.
Mi prendo una pausa (necessaria!) sugli Elvenking per ripiazzarmi fronte palco per gli amati Domine, i quali,
voglio sperare, non necessitano di alcuna nota introduttiva. I Power Metallers pregni di epicità, con le redini
salde nelle sapienti mani dei fratelli Enrico (chitarra) e Riccardo (basso) Paoli ci hanno abituati a live tanto
esaltanti che il vero miracolo è lo stupore genuino alla fine di ogni set. ‘Thunderstorm’ mette subito le cose
in chiaro, Morby è, non me ne voglia nessuno, ancora il miglior singer di Heavy Metal della penisola, capace
di completare al meglio il sound barbarico della band toscana. La lunga cavalcata di ‘The Aquilonia Suite’ o
la tirata ‘The Hurricane Master’ sono alcuni degli episodi più riusciti di uno show, ahinoi, ancora penalizzato
dai suoni ma che, come detto, forte delle emozioni regalate, trascende il mero aspetto tecnico. Un
arrivederci fiammeggiante con ‘Defender’, semplice ma efficace rasoiata che raccoglie l’ovazione della folla,
che inizia a farsi compatta con lo scorrere della giornata.
Per come l’ho vista io, prima mezza nota dolens del festival, la prestazione dei Grave Digger, i quali,
anticipando che la setlist avrebbe attinto a piene mani dalla ‘Middle Ages Trilogy’, ci avrebbero dovuto
sotterrare, riportandoci alla seconda metà degli anni ’90, nostalgia inclusa. Beninteso, anch’io ho cantato a
squarciagola i numerosi estratti dalla trilogia, anche perché rimanere silenti su ‘Scotland United’, ‘The Dark
Of The Sun’, ‘Morgane Le Fay’, ‘Knights Of The Cross’ e via discorrendo, avrebbe denotato un’insensibilità
fuori dal comune! Ad ogni modo, se la ruvida ugola di Chris Boltendahl fa il suo sporco lavoro, la band, Axel
Ritt in primis, non riesce a far decollare il concerto, risultando statici e privi di mordente. Difficile da
descrivere a parole, ma, alla fine, purtroppo la noia si è fatta sentire, nonostante la scaletta nostalgica. Mi
auguro che sia stato solo un episodio e posso solo ricordare che, comunque, ‘Heavy Metal Breakdown’ ha la
facoltà di resuscitare anche un morto, il finale, almeno quello, col botto!
Doppio assalto per ‘Peavy’ Wagner stasera e, a conti fatti, doppio strike out sia per i Refuge che per i Rage.
Il corpulento singer/bassista infatti è impegnato in due setlist distinte per soddisfare tutti i gusti dei fans,
dispersi nella lunga e prolifica carriera del gruppo tedesco. Si comincia quindi col trio Wagner/Manni
Schmidt/Chris Efthimiadis per i più ‘datati’ e, bando alle ciance, assistiamo alla miglior prestazione della
giornata, un tiro pazzesco, una facilità di esecuzione debordante e, non meno importante, una sequela di
brani veramente da best of, incluse le due novità ‘From the Ashes’ e ‘The Man In The Ivory Tower’, proprie
dell’appena pubblicato esordio dei Refuge. Ma sono i classiconi a farla da padrona, con quel mix di
pesantezza e melodie vocali che hanno reso i vecchi Rage una band speciale, anche nell’affollato panorama
del Power teutonico. Tanto per capirci, ‘Don’t Fear The Winter’, ‘Invisible Horizons’, ‘Nevermore’ e la
chiusura, manco a dirlo, di ‘Refuge’, ci fiondano indietro di quasi tre decadi, direttamente agli episodi più
emozionanti della carriera targata Rage. Tempo quindi di ovazioni per la macchina Efthimiadis ed il
marmoreo Schmidt e per un piccolo check per i nuovi arrivati ed eccoci subito pronti per i Rage odierni,
magari con meno materiale di così elevata qualità, ma di certo capaci di intrattenere alla grande il gremito
Live di Trezzo. ‘Season Of The Black’, ‘From the Cradle to the Grave’ e la trascinante ‘Black In Mind’ sono
alcuni degli episodi migliori del set, chiuso alla grandissima con un medley che rivede coinvolto Manni
Schmidt alla seconda chitarra, ovvero il pezzo ‘Higher Than The Sky’, inframezzato al sacrosanto tributo a
Ronnie Dio con ‘Heaven And Hell’ e ‘Holy Diver’, cantato per l’occasione del chitarrista argentino Marcos
Rodriguez, che stupisce tutti per la sua ugola profonda ed evocativa. Null’altro da aggiungere se non una
parola per i Refuge/Rage: emozionanti!
Tocca agli headliner (sulla carta!) svedesi Hammerfall, chiudere in bellezza la prima lunga e faticosa
giornata del Metalitalia Festival 2018. Premetto, non sono mai stato il primo supporter (e neanche il
secondo se è per quello!) della band di Cans ma, avendoli visti qualche anno fa un paio di volte, ero curioso,
come credo tutti i presenti, di poter almeno risentire qualche estratto dal tanto osannato, non del tutto a
torto, esordio del quintetto di Göteborg, al contrario totalmente snobbato, come invece anticipato dalla
scritta ‘Best Of Show’ sotto il loro logo in locandina… Ad ogni modo, oltre ogni pensiero soggettivo, si nota
subito che anni di show in ottimi slot hanno portato il Martello ad un livello davvero professionale, tutto è
curato nei dettagli, sono rodati, hanno ottimi suoni e, nonostante la conclamata povertà compositiva sono
talmente catchy e diretti da risultare per forza di cose divertenti. ‘Renegade’, ‘Heeding The Call’, ‘Let The
Hammer Fall’ (hey si sono degnati di suonare due canzoni dal secondo album… per intero!) e il colpo di
grazia ‘Hearts On Fire’ infiammano infatti i presenti, di tutte le età, confermando due cose, o che io stia
diventando sordo, oppure che la sovraesposizione paga eccome, anche nell’ Heavy Metal.
Tirando le somme, comunque, un ottimo primo giorno di festival, all’insegna del Power e affini, con
buonissima affluenza e partecipazione, per confermare che, se gli eventi sono organizzati con perizia e
coerenza, anche in Italia ci meritiamo un festival con nomi di una certa caratura, a domani gente, non è
finita!
Report a cura di Alessio Aondio
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