È con immense piacere che, nonostante il caldo soffocante che sta affliggendo Milano in questi ultimi giorni del mese mi Giugno, mi appresto a commentare una serata che, a mio modesto parere, resterà bene impressa soprattutto per l’impegno profuso dalle band che l’hanno animata.
Appena entrato nel Transilvania, vengo accolto da un’atmosfera da film Horror: l’ambiente già tetro che caratterizza il locale è migliorato dalla presenza di stand che sfoggiano merchandising vari in pieno stile gotico e vampiresco. Un elemento che ha allietato molto la serata è stata la temperatura all’interno del locale (molto bassa grazie ai climatizzatori).
Alle ore 22:00 è toccato ai Kalidon aprire la serata. La band, che è impegnata a pieno ritmo nella tranche estiva del Revenant Tour, è apparsa molto ispirata dalla location e, nonostante la scarsa presenza di pubblico (la maggior parte della gente è arrivata quasi alla fine del loro gig), ha dato vita ad uno spettacolo veramente emozionante e trascinante. Il sipario si è aperto sulle note di Revenant, pezzo che apre il loro nuovo album, seguito a ruota da Dark Dominion, Sweetest Poison e Artemisia. Dopo una brevissima pausa di riflessione il Lord K ha annunciato, per la gioia dei presenti, l’arrivo di Hollow Man, una cover dei Cult eseguita in maniera a dir poco impressionante dal gruppo. Ma il pezzo forte dello show la band l’ha tenuto per la chiusura: infatti l’ultima parte dello show ha letteralmente fatto venire i brividi (e non solo per l’aria) ai presenti grazie ad una triade di pezzi da paura: Broken Doll, penultimo pezzo dell’album, Skull Of You, un vero cavallo di battaglia che riesce a far cantare a squarciagola anche lo spettatore più disinteressato ed abulico e Dark Dominion, che la band ha proposto come bis. Devo dire che i Kalidon, nello show di stasera, hanno dato un impronta molto rock ai loro pezzi, riuscendo ad essere coinvolgenti e nello stesso tempo non snaturando la loro vena Dark e New Wave che ormai è diventato un marchio di fabbrica. Ciò che li ha penalizzati è stato il fatto che il grosso del pubblico non era ancora presente per potersi gustare la loro performance che, a mio giudizio, non è stata per nulla inferiore alle altre band della serata.
Dopo un breve cambio di palco, in un’atmosfera a metà strada tra l’apocalittico ed il gotico, sono saliti sul palco i Labyrinthus Noctis. Il gruppo ha presentato il loro nuovo album, Forever Fallen Darkness, proponendo uno show che in alcuni momenti ha davvero fatto raggelare il sangue. Infatti la band ha dato un tono veramente apocalittico allo show, proponendo dei brani ch, nonostante la loro lunghezza, non sono mai risultati noiosi, grazie anche al magistrale lavoro di Ark alle tastiere e all’angelica voce di Elizabeth. Un altro elemento che ha notevolmente caratterizzato lo show della band è stata la presenza scenica della band, grazie anche all’ausilio di una scenografia che rimandava sia ai racconti della contessa Bathory sia a temi futuristici, occulti ed astronomici. I Labyrinthus Noctis, a differenza dei Kalidon e degli Headliner Opera Noire, non hanno proposto cover ma hanno presentato una selezione di pezzi presenti sul loro nuovo lavoro. Devo dire che lo stile musicale seguito dalla band richiama molto lo stile dei Nightwish ma anche quello dei Lacrimosa, senza però cadere nel consueto e scontato clichè della semplice scopiazzatura. Infatti la band riesce sempre ad inserire nei propri show degli elementi apocalittici che lo rendono veramente unico. All’apertura del sipario il primo elemento della band a comparire, sulle note di At Dawn No Fireflies Survive, è stato Ark, il tastierista, copn una serie di tubi che lo ricoprivano. Poi il resto del gruppo ha fatto la sua comparsa con Elizabeth, la cantante, che è giunta per ultima sorseggiando un bicchiere di vino. Lo show è proseguito con Forever Fallen Darkness (unico brano proveniente dalla precedente produzione del gruppo che in origine si chiamava Forever Fallen Darkness), Killer Glance e Sandglass. Come conclusione del loro show la band ha proposto Cemetery Of Dreams, il brano di apertura del loro nuovo album. Devo dire che il pubblico è rimasto notevolmente colpito dallo show dei Labyrinthus Noctis che, nonostante non fossero il gruppo più importante, non hanno per niente demeritato e soprattutto sono riusciti ad essere molto coinvolgenti.
Ma ormai tutti aspettavano l’arrivo del gruppo più importante, gli Opera Noire. Ed infatti, sulle note dei Goblin, il sipario si è alzato e tutto il gruppo è stato accolto da due ballerine che hanno preceduto ed introdotto l’entrata della band. gli opera Noire, forti del nuovo album Bad Intent, hanno presentato quasi tutti i pezzi del loro nuovo lavoro, riuscendo a creare un putiferio veramente infernale. Ciò che mi ha colpito in particolare è stato il cantante che aveva un abito che richiamava molto lo stile di Marilyn Manson. Il gruppo, che è da sempre votato ad un Gothic Rock molto influenzato dai 69 Eyes, Sister Of Mercy ed Him, ha proposto uno show che è stato un concentrato di adrenalina allo stato puro e che non ha mai avuto cali di tensione. Lo show si è aperto con Never & Ever, brano che apre l’ultimo album della band, seguito a ruota da una triade che definire devastante è limitativo, Glitter Pained Nails, In The Rain e Welcome To Gate. Improvvisamente è calato il silenzio e tutti si sono chiesti cosa stesse per succedere.
Dopo un altro inquietante intro sulle note dei Goblin è giunta l’unica cover proposta dal gruppo, Heroes, brano del mitico “Duca Bianco” David Bowie che il gruppo, a mio modesto parere, è riuscito persino a migliorare rispetto all’originale. Lo show del gruppo si è chiuso con Thrill Of Decadence e Litanie De Satan, unico pezzo non cantato in inglese. Per ciò che riguarda la performance della band, devo dire che la band ha preferito concentrarsi più sulla tecnica musicale che sulla presenza scenica, limitandosi a tenere sulle palco le ballerine che animavano la coreografia. Infatti lo show è stato molto accattivante ed alla fine qualcuno pensava che la band concedesse qualche bis, cosa che non è avvenuta.
Comunque devo dire che è difficile anche per me dare una definizione univoca a questa serata, ma forse l’unico termine che la potrebbe caratterizzare è quello di “puro eclettismo musicale”. Infatti i tre gruppi che l’hanno animata hanno proposto tre generi che, a mio modesto parere, sono veramente difficili da suonare. Chi non è riuscito a presenziare si è perso un concerto che ha avuto dell’incredibile.
Report a cura di Donato Tripoli
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