Andiamo ora a vedere un concerto che si distanzia un po’ dal metal a cui siamo più abituati, gli Hellacopters sono infatti un gruppo di orientamento molto più vicino al rock ‘n’ roll anni settanta, nonostante il cantante-chitarrista, nonché leader della band sia stato in passato batterista del gruppo death metal Entombed.
Ad aprire la serata abbiamo un gruppo patavino, ormai mia vecchia conoscenza: i Babyruth freschi dell’uscita del loro primo studio album ufficiale. Questo gruppo, che iniziò proponendo cover di gruppi come Guns ‘n’ Roses ed Ac\Dc, ha visto ultimamente una carriera in piacevole ascesa, di cui questo concerto ne è un’ulteriore esempio.
Il set dei Babyruth si apre con un’intro portata avanti soprattutto dal chitarrista solista Alex T. Vine e dal batterista Hey Tony. Il primo pezzo vero e proprio è “Song For The Damned”, tratto dal loro studio album “Mr. Right Hand Man”, sul quale sia il gruppo, sia il pubblico iniziano a scaldarsi . Il secondo pezzo è nettamente più conosciuto, si tratta di “Honey”.
La prestazione del gruppo è di buona qualità, anche se il suono delle chitarre è un po’ troppo asciutto e la mancanza di sustain leva parte della scorrevolezza dei pezzi ed il suono di basso e voce sono effettivamente un po’ troppo alti. Dal punto di vista esecutivo molto bene tutti quanti, in particolar modo il cantante Max da un’ottima prova dimostrando a tutti di avere voce da vendere. Tra i pezzi da segnalare vediamo la cover di “California Sun” dei Ramones ed uno dei loro primi pezzi “Lovely God” che a mio avviso resta il migliore nella scaletta del gruppo utilizzata come pezzo finale sul quale i musicisti uno ad uno se ne vanno dal palco lasciando per ultimo il bassista Rikk sulla faccia del quale si è letta per tutto il concerto una palese contentezza di suonare. L’unica cosa che è venuta a mancare è stato un po’ di interazione col pubblico che è sempre rimasto freddino.
Dopo una dovuta pausa necessaria all’acquisto di una birra giunge il momento degli Hellacopters che da un bel pezzo mancano dai palchi scenici italiani, anche loro hanno appena terminato il loro ultimo album intitolato “Rock Is Dead”.
Fin dall’inizio si capisce che, nonostante la bravura dei Babyruth, qui siamo ad un altro livello.
Il concerto si apre con “Gotta Get Some Action” pezzo d’attacco della band e subito dopo “Move Right Out Of Here”, il gruppo è parecchio carico nonostante la giornata sia stata molto più calda delle miti temperature dei boschi svedesi da cui essi provengono.
Ci sono un paio di aspetti di questo gruppo che sono molto interessanti, innanzitutto la botta che riescono ad avere nonostante una scelta di suoni di moda 30 anni fa e soprattutto il fatto che un ex-batterista (tanto più death metal), riesca a suonare la chitarra con un tocco ed una sensibilità veramente pronunciati.
Il set del concerto comprende 14 pezzi che reputo una cifra equilibrata, tra cui troviamo “Before the Fall”, “Toys And Flavors”, “No Angel To Lay Me Away”.
Dopo “Like No Other Man” il gruppo ferma un attimo le danze per ripartire con “No Song Unheard” ed il singolo tratto dall’ultimo album “Everything’s On Tv”. Una spettacolare “I’m In The Band” e “Soulseller” chiudono adeguatamente il concerto.
Molti aspetti più che positivi, fantastici gli assoli delle chitarre ad intreccio ed addirittura sovrapposti che danno prova di ottimo feeling, nonché capacità e gusto dei due chitarristi Nik Andersson (anche voce) e Robert Dahlqvist, una batteria granitica ad opera di Robert Eriksson che ritma il tutto, ma soprattutto un lavoro veramente lodevole del bassista Kenny Hakansson che, mentre appunto i chitarristi facevano i fighi, teneva su buona parte della baracca. Peccato per le tastiere di Boba tenute a volume sotto zero non si sa per quale motivo.
Bilancio nettamente positivo, gli Hellacopters hanno saputo mettere insieme una tecnica sufficiente, gusto e tiro, oltre ad un tocco retrò che contribuisce molto a renderli personali. E divertent
Report a cura di Lorenzo Canella
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