Abbiamo approfittato della manifestazione in oggetto per pianificare le nostre vacanze in Svezia. Prendendo il Gates of Metal come punto di
partenza. Quindi una volta giunti a Stoccolma non abbiamo dovuto altro che ritirare l'auto che avevamo noleggiato e puntare verso sud alla volta
di Hultsfred. Il viaggio è a dir poco interessanteinteressante, abbiamo percorso più di 300 chilometri molti dei quali attraversando foreste di
conifere e,di tanto in tanto, costeggiando laghi. Di rado siamo passati per piccoli centri abitati che tanto ricordavano i paesi descritti da Stephen
King nei suoi libri.
All'ingresso di Hultsfred ci accoglie un cartellone gigante rappresentante una scimmia che imbraccia una chitarra elettrica.
Più tardi scopriremo che nel mese di giugno, con cadenza annuale, in questo luogo sperduto si svolge il festival musicale (non metal) più
importante di tutta la Svezia e che il Gates of Metal stesso usufruisce di parte delle infrastrutture
del festival maggiore.
Dopo esserci sistemati in uno strano ostello nel cuore della foresta, ad una decina di minuti di macchina dall'area del festival ci rechiamo ai
cancelli per ritirare gli accrediti e per curiosare.
Ovviamente il pubblico è composto per la maggiore da svedesi, ma non manca qualche finlandese e nel parcheggio ho potuto vedere qualche
auto con targa tedesca. Il fatto che fossimo italiani viene accolto con stupore misto a divertimento dagli autoctoni che si dimostrano subito
cordiali ed amichevoli anche se alla lunga sentirsi ripetere i soli luoghi comuni (pizza, pasta, mamma mia, ciao bello, mafia) comincia a diventare
monotono.
Ottima la sistemazione dell'area camping, sulle sponde di un magnifico lago dissemianto di piccoli cottage, che ha fatto da pittoresca cornice per
tutto il festival.
Come invece mi aspettavo la cucina non era delle migliori e qui ho rimpianto il servizio chatering del Tradate Iron Fest. Anche gli stand non
erano tantissimi ma queste minime lacune scompaiono di fronte ad una scaletta del genere sommata al livello con cui le band, anche quelle
minori, hanno suonato. L'area è dotata di ben 3 stage, il Big Stage, che è l'unico all'aperto e poi Teater e Stora Dans, due anfiteatri coperti dove
si svolgevano le esibizioni dei gruppi minori.
La qualità dei suoni poi è stata quasi sempre impeccabile, tranne per qualche minimo disguido che comunque non ha per nulle influenzato le
singole esibizioni.
(Paolo Manzi)
Evergrey (Lorenzo Canella)
Fin dall'ingresso al festival, o nell'area adibita a campeggio, si può notare che, stranamente la quantità di magliette degli Evergray è di molto
superiore al numero di quelle di Dark Tranquillity o Children Of Bodom. Si percepisce dunque che l'aspettativa sia piuttosto elevata. Il concerto si
svolge senza intoppi e la preparazione dei musicisti sembra tutto sommato adeguata al prog-power metal, non privo di citazioni più o meno
consce, che essi performano. Per quanto riguarda la resa live essa non è male, ma nel lungo tempo il carattere sempre simile dei pezzi abbassa
il tono dell'attenzione.
Lodevole il fatto che la voce si distanzi in parte dalla media dei cantanti prog e power per le sue tonalità mediamente
più basse e raggiungibili e per una punta di ruvidezza che la rende più aggressiva.In generale il pubblico dimostra coerenza e manifesta, seppur
senza eccedere in esuberanza, la propria approvazione. Lo dimostra anche il fatto che l'area, il più grande dei due palchi coperti, è
completamente satura di persone e fuori c'è ancora gente che preme per poter entrare.
Maze Of Torment (Lorenzo Canella)
Prendiamo ora in considerazione una delle band considerate minori in questo festival. I Maze Of Torment propongono un thrash metal di stampo
americano che probabilmente riesce a condensare in se stesso, se non tutti, perlomeno una buona parte dei cliché di questo genere. I richiami
sono innumerevoli e soprattutto riferiti agli Slayer, il chitarrista solista, oltre ad agitare ostinatamente una lucida pelata, era dotato di pizzettone
e di maglietta appunto degli Slayer (viene in mente nessuno?). Il fatto che giocasse a fare il Kerry King della situazione invece di trovarsi una
propria personalità è abbastanza triste. Questo fatto è abbastanza esemplificativo del carattere di un gruppo che, nato presumibilmente nel 2000
suona come se fossimo nell’ 83.
Nocturnal Rites (Lorenzo Canella)
Ecco una delle svariate band ormai attive da tempo (questa ormai da 10 anni), che sono rimaste appena al di qua del confine della notorietà.
Probabilmente questo fatto costituisce un grosso svantaggio per loro in quanto il power metal che propongono ormai si può considerare trito e
ritrito poiché oramai ci sono decine di band di discreta notorietà che suonano circa con gli stessi intenti compositivi, ma magari, al tempo,
potrebbero esser stati un gruppo piuttosto interessante.
Al momento, dunque, la loro esecuzione è risultata sicuramente buona dal punto di
vista tecnico, il suono era piuttosto uniforme e l’attitudine della band adeguata alla situazione, ma purtroppo non sono stati capaci di stimolar
un’interesse che non fosse superficiale probabilmente a causa dei motivi sopraesposti. Tra i pezzi eseguiti troviamo “Avalon”,in posizione di
apertura. Menzione positiva per il livello tecnico del cantante Jonny Lindkvist autore di una prestazione lodevole.
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Report a cura di Paolo Manzi e Lorenzo Canella
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